L'orgoglio anticomunista di un consigliere milanese

Seduta arroventata in Consiglio comunale, sulla mozione che vieta spazi e patrocini alla destra. L'urlo liberatorio di Matteo Forte, esponente cattolico-liberale di centrodestra. Il padre fu minacciato dai brigatisti, lui ha studiato le violenze dei partigiani rossi

L'orgoglio anticomunista di un consigliere milanese

Un urlo liberatorio, un’autentica esplosione di orgoglio politico, il sacrosanto sfogo di chi si è stufato di ricevere lezioni da maestri senza titoli. Nell’ultima incandescente seduta del Consiglio di Milano hanno risuonato la rabbia e l’orgoglio anti-comunista di Matteo Forte. Un anti-comunismo cristallino, di marca cattolico-liberale, senza complessi.
Ghandi sosteneva che per non perdere la battaglia si dovesse sempre mantenere sempre la pazienza. Il consigliere di Milano la pazienza l’ha persa, ma la battaglia dell’aula l’ha portata a casa comunque, mantenendo (pur inferocito) il filo del ragionamento. «Lo ammetto, mi sono un po' riscaldato - ammette l’esponente di centrodestra - Del resto, non possono i nipotini di Togliatti venire ad insegnarmi cosa sono la libertà e la democrazia». In città, a dispetto del meteo, sono giorni caldi. Si avvicinano le elezioni e la sinistra, non sapendo bene che fare, si aggrappa all’“antifascismo militante” nella speranza di mobilitare i suoi, delusi e indifferenti. Sulla scia di questo clima da caccia alle streghe, in Consiglio comunale è approdata una mozione che prevede una specie di autocertificazione antifascista come condizione per ottenere spazi, contributi e patrocini. Una proposta surreale, che sta trovando applicazione anche in altri Comuni, fra grandi discussioni. A Milano la contesa si è ulteriormente inasprita per la presenza in aula di un pubblico particolarmente turbolento, che è intervenuto insultando il capogruppo della Lega Alessandro Morelli. Dopo l’intervento di Paolo Limonta, consigliere comunista con tanto di fazzoletto al collo, Forte stava giusto parlando della mozione (“settaria“) e delle intromissioni esterne. Chiedeva di identificare l’autore degli insulti per sospendere la seduta. A quel punto, dai banchi della sinistra è piovuta la solita parolina: “Costituzione”, quella Costituzione che da 70 anni il Pci, e i suoi derivati, hanno sequestrato, facendone cosa loro. E a quel punto è esploso il moderato Forte: «La Costituzione l’hanno fatta anche i cattolici e i liberali - ha urlato - e avevano un senso dell’anti-totalitarismo che voi vi sognate. Io non imparo la libertà e la democrazia da chi ha sostenuto il Comunismo per decenni. Chiaro, chiaro, chiaro?” ha chiesto. «La Costituzione la so meglio io, la difendo meglio io - ha tuonato - perché grazie a Dio nel ’48 ha vinto la democrazia e la libertà e non il Pci che voi difendete e rivendicate». (Guarda qui il video)

Ha citato la Costituzione Forte, e d’altra parte quella pagina di storia dimenticata e manipolata la conosce bene, essendo l’autore, da storico, di un volume che contribuisce a far luce su una pagina nera della Resistenza comunista, l’eccidio di Porzus, dove il 7 febbraio del 1945, 17 partigiani della brigata Osoppo - laici, azionisti, socialisti e cattolici - furono uccisi dai partigiani comunisti delle Brigate Garibaldi. Poi, dopo averlo studiato sui libri, il vizio comunista dell’egemonia e dell’intolleranza Forte l’ha sperimentato anche nella vita. Il padre lavorava all’Alfa Romeo. Era un iscritto Cisl, si opponeva alla linea della Cgil sugli scioperi e finì nel mirino degli estremisti. Un giornalino interno gli dedicò un articolo malevolo e insultante. Fu minacciato dai brigatisti e un giorno addirittura trascinato in corteo legato a una sedia e imbavagliato. «Sono cresciuto a pane e anti-comunismo» dice di sé; non rinuncia a partecipare al corteo del 25 aprile, ma lo fa dietro la insegne della Brigata ebraica, che viene contestata e fischiata da centri sociali sempre più impresentabili.

Il Pd tempo fa lo ha querelato per alcune affermazioni su quello che ha definito il «rapporto non occasionale» fra Democratici e islam politico. Poi il partito ha ritirato la querela. «Pane e antitotalitarismo», insomma. Ecco perché intolleranti, faziosi e “democratici” a senso unico, specie se (ex)comunisti, trovano pane per i loro denti.

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