L'orrore dei bimbi accoltellati da un migrante nel parco di Annecy è, tragicamente, lo specchio del fallimento europeo andato in scena, nelle stesse ore, nel Lussemburgo. Mentre le ambulanze raccoglievano quei corpi martoriati nel Granducato i ministri europei tornavano a filare e disfare quella moderna tela di Penelope chiamata Patto su Immigrazione e Asilo. Un Patto di cui si discute da tre anni e in cui l'ipocrisia è evidente fin dal nome.
Un Patto sottende un accordo per una comune regola d'azione. Ma nella Ue non esistono linee comuni. Prevale solo l'egoismo dei paesi di nord, centro ed est Europa decisi a scaricare il peso dell'accoglienza sui paesi costieri come Italia, Grecia, Malta e Spagna. E pronti, per questo, a preservare l'anacronistico Trattato di Dublino che trasferisce sui paesi di «primo arrivo» la responsabilità di gestire sia i richiedenti asilo sia quegli «irregolari» che nessuno vuole. In questo meschino contesto europeo la tragedia di Annecy travalica la cronaca e diventa politica. Poco importa che stavolta la belva gridi «nel nome di Gesù» anziché «Allah è grande». Conta piuttosto che la tanto decantata accoglienza si sia dimostrata una volta di più fallimentare. Consideriamo i fatti. L'accoltellatore di Annecy era cristiano come la maggior parte di noi, fuggiva da una Siria in guerra ed era stato accolto in una Svezia considerata un modello d'accoglienza. Era insomma il prototipo del migrante perfetto. Quello a cui nessuno negherebbe l'asilo e che tutti vorremmo aiutare. Eppure anche così l'accoglienza europea ha creato i presupposti per tragedia. Dopo averlo spinto ad abbandonare la Svezia per riparare in una Francia affollata di migranti l'ha trasformato in un bomba innescata pronta a scaricare su dei bimbi innocenti un disagio violento e demenziale. Tutto questo deve far capire non solo ai benpensanti di sinistra, ma anche ai ministri europei pronti ad agitare l'ipocrita mantra della «solidarietà obbligatoria» che in un'Europa senza più confini è inutile illudersi di risolvere i problemi scaricandoli sui paesi costieri. L'accoltellatore di Annecy, poco integrato persino nell'ospitale Svezia, si è trasformato in belva dopo aver raggiunto la Francia.
E lo stesso successe - la Germania farebbe bene a ricordarselo - nel Natale 2016 quando la belva islamista Anis Amri sbarcata in Italia dalla Tunisia fece strage dopo aver raggiunto Berlino e i suoi mercatini. Dieci anni di sanguinarie cronache migratorie fanno capire, insomma, che la «solidarietà obbligatoria» sventolata Lussemburgo è un mantra tanto vuoto quanto ipocrita. E che la vera accoglienza non può essere infinità, ma va commisurata alla capacità d'integrare.
Possiamo accogliere, insomma, solo quelli a cui siamo in grado di offrire un posto di lavoro e una vita dignitosa. Per tutti gli altri è inevitabile trovare dei meccanismi di rimpatrio. Per risparmiare a loro una vita nel degrado e, a tanti europei, una vita nella paura e nell'insicurezza.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.