Coronavirus

L'ospedale in Fiera riapre i battenti: i primi tre pazienti ricoverati nell'hub

Attivato il primo modulo da 14 posti, operativi tre medici e tre infermieri. Già pronto anche blocco da 53 letti. E il 2 novembre tocca al "gemello" di Bergamo

L'ospedale in Fiera riapre i battenti: i primi tre pazienti ricoverati nell'hub

Milano. Il centro della Fiera di Milano ha riaperto i battenti, quello di Bergamo lo farà lunedì 2 novembre. Come previsto dai piani emergenziali dunque, la Lombardia ha messo in campo gli «ospedali di riserva».

La soglia dei 151 ricoveri in terapia intensiva - che segnalava l'ingresso nel «livello 1» dell'allerta - è stata varcata giovedì. Il primo paziente di questa ondata autunnale è stato ricoverato in Fiera nel primo pomeriggio di ieri, con l'attivazione del primo «modulo» e l'arrivo di medici e infermieri. Il Policlinico, intorno alle 15 e 30 ha reso noto che il primo ricoverato, cinquantenne, è stato sottoposto proprio in Fiera a vari approfondimenti diagnostici, fra cui una Tac al torace e all'encefalo. Nelle ore successive i ricoveri sono diventati tre, e oggi potrebbero aumentare ulteriormente.

Il personale è risorsa preziosa, da dosare con attenzione, e l'«arruolamento» ora sarà graduale, e proporzionato ai ricoveri. In prima battuta il fabbisogno sarà soddisfatto dal Policlinico, cui è stato affidato il coordinamento clinico della struttura realizzata da Regione e Fondazione Fiera, in un secondo momento interverranno i rinforzi provenienti anche da altri ospedali. Ogni due posti letto attivati serviranno un anestesista e tre infermieri, necessari per coprire i tre turni sulle 24 ore. Ma i medici potranno operare con varie modalità.

Nell'ospedale, nel primo pomeriggio, hanno cominciato a operare tre medici anestesisti e tre infermieri dell'Istituto milanese, oltre al personale logistico e di supporto. Nelle ore successive, il numero dei camici bianchi è cresciuto. In questa prima fase, nel Padiglione Fiera è attivo un primo modulo da 14 posti letto di terapia intensiva. Ulteriori posti letto, già allestiti, saranno resi disponibili in base alle necessità indicate dal Coordinamento regionale per le terapie intensive e all'andamento di contagi. Il primo blocco da 53 posti può essere attivato in modo immediato, l'altro (104 posti) richiede per l'attivazione qualche ora di lavoro, ma è pronto anch'esso. A Bergamo, invece, i posti sono in tutto 142 e per ora saranno attivati i primi 48 letti di terapia intensiva.

In un venerdì nero per i contagi in tutta Italia, in una giornata che è parsa il preludio di una seconda ondata che per gli esperti si annuncia lunga e durissima, la Lombardia si è affidata quindi ai centri realizzati con lo slancio e generosità dai suoi cittadini. Era il 9 marzo quando il governatore Attilio Fontana inviò a Roma una formale richiesta per una struttura da 500 letti di terapia intensiva a Milano. La settimana successiva venne inoltrata un'istanza analoga per l'attivazione di un ospedale da campo dell'Associazione nazionale Alpini alla Fiera di Bergamo. Si capì subito che il ministero poteva assicurare solo (forse) il rifornimento di attrezzature. La Regione acquisì quindi la disponibilità di Fondazione Fiera per costruire una struttura temporanea al «Portello». L'idea fu assecondata dal governo, mentre la Protezione dispose l'attivazione del centro di Bergamo. Pensati nella prima metà marzo, quando il virus infuriava praticamente incontrastato, i due «hub» sono stati realizzati in tempi record e aperti. Il padiglione di Milano, costruito sotto la guida dell'ex capo della Protezione civile Guido Bertolaso, è stato consegnato il 31 marzo. Quello di Bergamo - costruito dal nulla dagli Alpini - il giorno successivo. E anche in quel caso si è trattato di un'impresa: 142 posti allestiti in otto giorni effettivi e senza spendere un euro di denaro pubblico, con 74 posti di terapia intensiva e post-intensiva. Dal 6 aprile avevano cominciato a ospitare pazienti. Poi non era più stato necessario.

Fino a ieri.

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