C'è la crisi sanitaria, non morire, e c'è quella economica, non morire di fame. Tutti l'hanno capito. Ma ce n'è pure una meno tangibile e più pervasiva: l'autoflagellazione sociale, la nostra mortificazione. Colpevoli, in cerca di una meritata espiazione dal peccato di questi tempi: la civiltà. Che è la capacità di pensare noi stessi, frutto di un'istruzione e un'informazione diffuse a un livello mai visto nella storia, grazie al benessere prodotto che, mentre scopriva l'antibiotico e il vaccino, ha affrancato miliardi di persone dalla fame.
La contrizione parte da un bisogno primario: capire perché. Una guerra la possiamo accettare, perché la possiamo capire. Qualcuno ha fatto la prima mossa e poi il conflitto è stato inevitabile: sappiamo perché è successo. Il virus non lo possiamo accettare, perché non riusciamo a capirlo. Conosciamo la causa scientifica, il pipistrello e tutto il resto, ma non basta. Dobbiamo capire perché ci è capitato. Scartando l'ipotesi del complotto, che se anche ci fosse non lo sapremmo, all'origine del Covid-19 manca una decisione positiva presa da un individuo, come nel caso di una guerra.
Eppure, non accettarlo non è un'opzione. C'è, qui e ora. Non resta che trovare una giustificazione, una causa originaria e che sia controllabile, perché il busillis è tutto lì. Dev'essere una cosa umana, riconducibile a ciò che facciamo e che possiamo impedire che accada ancora. Ovviamente, non siamo direttamente responsabili del virus. Questo lo capiamo. Tutti però siamo sicuramente artefici di qualcosa che, indirettamente, ci l'ha portato. Magari senza volerlo, ma ce lo siamo meritato. A questo punto, restano solo due incognite: cosa, quali comportamenti, e chi, il giudice? In un primordiale animismo, che evita ogni complicazione religiosa, il giudice è la natura stessa che, assurta a divinità pensante e giudicante, ci castiga. C'avremo pure lo smartphone, ma dentro dentro ancora siamo quelli delle piaghe d'Egitto.
I comportamenti sono quelli che caratterizzano la nostra civiltà e il nostro modo di vivere, inspiegabilmente eppure sicuramente colpevole del disastro Corona. Già girano in rete filmati che propongono una serie di banalità immaginifiche: dedicare tempo a se stessi, tralasciare il superfluo, comunicare tra noi, dare importanza alla vita, siamo tutti uguali, andare piano, godersi la natura. È la base per la mortificazione sociale, per arrestare quel progresso seducente eppure diabolico. Per trasformare quel tessuto sociale sfilacciato, la «mucillagine» indicata da De Rita, in un corpo unico, compattato sotto la guida di un leader forte. Una guida che dia protezione in cambio di affidamento. Sicurezza in cambio di libertà, visto che in quella libertà abbiamo peccato. Sì, siamo al serpente e la mela.
Ora vogliamo mondarci, per proteggerci da noi stessi. Così nessun virus potrà più toccarci. Ma davvero? No. Il virus è della natura e nella natura, e sarà debellato con più, non con meno, progresso. Dagli scienziati, non dall'uomo forte.
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