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Ricolfi su Repubblica manda in tilt gli intellettuali di sinistra

Il sociologo che piace alla destra è approdato tra le firme del quotidiano diretto da Molinari, demolendo con un solo articolo trent'anni di battaglie ingaggiate dalla sinistra

Ricolfi su Repubblica manda in tilt gli intellettuali di sinistra

Dev'essere davvero dura la vita di Maurizio Molinari, direttore di Repubblica. Dura perché storicamente la destra lo accusa di essere troppo di sinistra, e ora la sinistra ha iniziato ad accusarlo di essere troppo di destra.

Il misfatto è accaduto con l'approdo del sociologo Luca Ricolfi tra le firme del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari, con un long-form tra l'altro dedicato al "politicamente corretto" e alle sue derive. Il contrappasso è notevole, perché in effetti Repubblica ha ingaggiato qualcuno che su Repubblica ha il coraggio di spiegare il caos comunicativo, narrativo e intellettuale prodotto da una convenzione sociale che media come Repubblica hanno contribuito a consolidare.

Nel suo excursus temporale che parte da fine anni '70 negli Stati Uniti, Ricolfi spiega bene come il politicamente corretto si sia trasformato in qualcosa di assai pericoloso per la convivenza democratica, con la sua neolingua, con i suoi modi censori, con quel gigantesco tribunale popolare chiamato a giudicare la storia che è il mantra della "cancel culture".

Ricolfi, insomma, ha spiegato a Repubblica quanto abbiano lavorato male da trent'anni a questa parte. E la cosa non è piaciuta per niente a chi invece di politicamente corretto ci vive, e bene. Gad Lerner, il comunista col Rolex, ha twittato: "Complimenti a Luca Ricolfi. Il suo odierno approdo a Repubblica, il giornale della sinistra 'antipatica' contro cui ha condotto una coerente battaglia culturale, è a suo modo una vittoria. Può compiacersi di avere espugnato la roccaforte nemica. Metamorfosi di un giornale..."

Perché per Lerner, abituato a dover fare lui da maestrino e a dover spiegare lui alla destra come dover fare la destra, non può che essere un giorno triste. Lui, abituato a ragionare ancora come ai tempi di Lotta Continua, non può certo gioire del fatto che un quotidiano progressista possa ospitare (anche) delle firme di buon senso anziché passare ogni giorno a blaterare di "pericolo fascismo".

E lo stesso dicasi per l'intellettuale militante, Christian Raimo, uno che vive di steccati ideologici e che senza quelli non sarebbe in grado nemmeno di ritrovare la via di casa propria. C'è anche Raimo, infatti, nella prima fila degli "indignados", come dimostra il suo retweet al compagno Lerner accompagnato dalla didascalia: "Repubblica diventa sempre di più un giornale minoritario di destra".

Certo, perché per la sinistra il problema è sempre lo stesso: predicare bene e razzolare male.

Cianciano di pluralismo, libertà di pensiero, confronto e dibattito ma poi quando arriva davvero, la scure del pluralismo, sono i primi a rimpiangere i bei vecchi tempi in cui si poteva essere antagonisti e fieri di esserlo.

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