L'Ue ci assegna gli immigrati e poi ci mette sotto inchiesta

Bruxelles mette in mora l'Italia sulla raccolta delle impronte digitali dei migranti. Un colpo alla linea dell'accoglienza generalizzata dell'esecutivo

L'Ue ci assegna gli immigrati e poi ci mette sotto inchiesta

Dopo il danno è arrivata puntuale pure la beffa. Ieri, infatti, la Commissione europea ha reso noto di aver inviato all'Italia la lettera di costituzione in mora - primo passo della procedura di infrazione - in materia di asilo. Bruxelles ha esortato il nostro Paese (ma anche Grecia e Croazia hanno ricevuto la missiva) ad attuare correttamente il regolamento Eurodac per la raccolta delle impronte digitali dei migranti. «Tra luglio e novembre sono 29mila i migranti registrati nel database del sistema contro i 65mila arrivati sulle coste italiane, secondo i dati statistici di Frontex», ha spiegato l'esecutivo comunitario aggiungendo che «il regolamento deve essere applicato in pieno in quanto essenziale per garantire il funzionamento del sistema di Dublino e dei meccanismi di ricollocamento dei richiedenti asilo nella Ue». Insomma, la teoria dell'accoglienza generalizzata e indistinta, propugnata dal ministro dell'Interno Angelino Alfano e dal premier Matteo Renzi, è stata definitivamente sconfessata giacché Bruxelles ha rinfacciato loro di essersi persi per strada almeno 46mila individui.E sul rispetto dei regolamenti l'Ue non transige mai o quasi mai se sul banco degli imputati può esserci l'Italia. Il problema è che Eurodac impone la registrazione delle impronte digitali entro 72 ore dall'arrivo dei migranti, ma non si riesce a ottemperare un po' per la situazione emergenziale (a fine ottobre ne erano arrivati 140mila) un po' a causa delle carenze organizzative. Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha lanciato la palla in tribuna ripetendo il suo solito mantra. «L'Europa non sta facendo tutto quello che può», ha detto sostenendo che sul tema migranti «noi possiamo fare senza l'Europa: è l'Europa che non può tradire se stessa e i suoi ideali». Dai toni alti è passato, poi, alla questione sostanziale. «Noi abbiamo iniziato a realizzare gli hotspot e li realizzeremo tutti e cinque, ma non è ancora partito il processo di relocation come vorremmo che partisse», ha concluso ricordando un'altra questione su cui l'Europa è martellante: i centri per l'identificazione e il ricollocamento nei «punti caldi» di arrivo delle ondate migratorie. Anche gli altri Stati membri sono, però, in ritardo nell'accollarsi la ricollocazione dei migranti: ne hanno presi 200 su 120mila dei quali 40mila avrebbero dovuto provenire dall'Italia.Il più stupito è il vicepresidente piddino dell'Europarlamento, David Sassoli. «Non ci aspettavamo che il presidente Juncker facesse indossare alla sua Commissione l'abito del gendarme, in un momento in cui tanti governi non hanno ottemperato agli obblighi di redistribuzione dei richiedenti asilo in Europa», ha commentato definendo quello dell'Ue «un gesto autolesionista: il nostro Paese ha fatto molto di più di quanto hanno fatto finora tanti altri». «La soluzione non è applicare in modo miope e rigido le regole comuni verso chi ha fatto molto più e meglio di altri», ha aggiunto Sandro Gozi, sottosegretario agli Affari Ue. In pratica, ha ripetuto le stesse parole del ministro Alfano all'annuncio della procedura martedì scorso. «Una scelta del tutto irragionevole, immotivata, fuori dal tempo e dalla storia», aveva detto.

«Invece di protestare contro la Commissione, i parlamentari della maggioranza incalzino il governo a mettersi in regola», ha chiosato Gregorio Fontana (Forza Italia), componente della commissione d'inchiesta sull'accoglienza. Pur non avendo simpatia per gli «euroburocrati», ha ricordato, «un migrante su tre non viene identificato e di tutti gli hotspot previsti solo Lampedusa può dirsi in funzione».

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