
nostro inviato a Copenaghen
Difesa comune, Ucraina e Medio Oriente sono i principali dossier sul tavolo del Consiglio europeo informale di Copenaghen che si tiene nella suggestiva cornice dello storico Palazzo di Christiansborg, sede sia del Parlamento danese sia degli uffici del ministro di Stato, l'omologo del nostro presidente del Consiglio. Che in Danimarca, come in Italia, è una donna: la socialista Mette Frederiksen, che ieri ha fatto gli onori di casa e ha guidato il fronte dei Paesi europei che chiedono un corposo investimento in difesa per alzare quel muro di droni invocato per prima da Ursula von der Leyen a protezione del confine Est dell'Ue e della Nato. Dove in queste settimane sono state frequenti le incursioni di droni presumibilmente russi e di Mig di Mosca. "In Danimarca - dice Frederiksen - abbiamo il mandato per abbattere i droni". E, invoca la premier danese, è necessario che "l'Europa si riarmi" perché "dobbiamo guardare alla guerra ibrida" della Russia "da una prospettiva europea e non nazionale". D'altra parte, non è certo un mistero che i Paesi più vicini al confine russo siano preoccupati già da tempo di un eventuale allargamento del conflitto. Dalla Finlandia alla Polonia, passando per Estonia, Lettonia e Lituania.
Sulla difesa, però, le sensibilità sono diverse. Ovviamente legate alla collocazione geografica o a ragioni di politica interna. È Giorgia Meloni a sottolineare che "i confini dell'Alleanza sono molto estesi". Insomma, "se facciamo l'errore di guardare solo al fianco Est e di dimenticare, per esempio, che esiste un fianco Sud, rischiamo di non essere risolutivi". La premier, infatti, è preoccupata anche dai rischi che possono arrivare dalle rotte migratorie che passano per l'Africa e i Balcani. Attraverso le quali Vladimir Putin sta combattendo un pezzo della sua guerra ibrida all'Unione europea. Timori che l'Italia condivide con Paesi come Grecia, Spagna, Portogallo.
Durante il Consiglio la discussione è stata lunga e complessa, con tutti i leader presenti che hanno preso la parola. Si è sostanzialmente deciso di dare priorità alla protezione del fianco orientale e al cosiddetto muro di droni, anche se non si è entrato nel merito della tempistica. Qualche dubbio, anche sulla governance, gli ha espressi tra gli altri la Germania, dove il cancelliere Friedrich Merz deve tener conto della continua crescita nei sondaggi di Afd, che sulla questione ha posizioni molto critiche. Ha altre ragioni, invece, lo scetticismo di Emmanuel Macron. Che riguardo al cosiddetto "muro di droni" parla di "termini un po' frettolosi da cui diffido". "Esistono delle cupole di ferro per gli europei o dei muri di droni? Le cose - dice il presidente francese - sono più sofisticate, più complesse. In realtà, dobbiamo avere sistemi di allerta precoce avanzati per anticipare meglio la minaccia". Insomma, i droni non bastano.
E anche rispetto alla risposta da dare a una eventuale nuova minaccia russa, l'Ue approccia con sfumature diverse. Se lo spazio aereo europeo viene violato ancora, spiega Macron, "in linea con la dottrina dell'ambiguità strategica posso dire che nulla è escluso". Mentre Meloni è più cauta e spiega che "bisogna ragionare a sangue freddo" e "non rispondere alle provocazioni ma attrezzarsi". Insomma, fermezza senza avventurarsi in terreni sconosciuti.
L'altro tema in agenda, il sostegno all'Ucraina e il possibile uso degli asset russi immobilizzati come garanzie per prestiti colossali a Kiev fino a 140 miliardi di euro, è stato invece compresso
all'osso dopo che la discussione su droni e fianco Est è andata avanti per oltre cinque ore. "Non tutti gli Stati membri sostengono la proposta, c'è ancora molto lavoro da fare", spiega l'Alta rappresentante Ue Kaja Kallas.