«Vorrei che questa notte non finisse mai». Valeria Imbrogno, la compagna di Fabiano Antoniani alias dj Fabo, l'uomo la cui morte ha fatto più rumore di una vita passata a mixare musica spaccatimpani, ha postato questo messaggio dieci ore prima che il suo uomo cieco e immobile premesse con la bocca il pulsante che lo ha ucciso nella clinica Dignitas di Pfaffikon, vicino a Zurigo. Una delle tre in Svizzera in cui viene praticato il fine vita assistito, ovvero lo stratagemma che trasforma l'eutanasia in un suicidio rendendo legale l'illegale.
E una morte che ha sollevato talmente scalpore in Italia e in Svizzera da spingere il Comitato etico cantonale ad avviare un'istruttoria sull'attività della clinica, finita anche sotto la lente di ingrandimento della polizia svizzera, che sta indagando sul rispetto del protocollo che disciplina l'eutanasia legalizzata. Due procedure probabilmente dovute, un mero atto burocratico per placare le polemiche, ma comunque un dato significativo.
Quella notte però è finita. E Fabo alle 11,40 di lunedì è evaso dalla gabbia del suo corpo tatuato e inutile. Prima di farlo ha lasciato messaggi agli amici del Giambellino, il popolare quartiere milanese del disc jockey, giunti in massa a trasformare quel lugubre chalet in una surreale Curva Sud della morte. A colazione, racconta Valeria, Fabiano aveva ancora voglia di scherzare: «Visto che lo yogurt svizzero è più buono, me ne porto un po' a Milano, che dici?». E chissà quanto sarà costato alla donna sorridere alla battuta. In realtà l'unica preoccupazione che dj Fabo avrebbe avuto nelle ultime ore della sua vita sarebbe stata quella di fallire nel suo estremo compito. Compito che invece ha portato a termine con efficienza diremmo svizzera, passando dalla veglia al sonno e poi alla morte in meno di mezz'ora.
Tra gli ultimi messaggi che Fabo avrebbe faticosamente lasciato ai suoi amici ci sarebbe il consiglio di allacciare sempre le cinture di sicurezza alla guida. Perché l'odissea di Antoniani ebbe inizio il 13 giugno 2014 quando ebbe un incidente tornando da un locale. Si era chinato a raccogliere il cellulare caduto sul pavimento dell'auto ed era uscito di strada scontrandosi frontalmente con un'altra che arrivava in senso contrario.
Fabo era stato sbalzato fuori dall'auto procurandosi lesioni al midollo spinale che lo avevano reso cieco e tetraplegico e lo resero dipendente da un sondino che lo alimentava artificialmente e da una ventola che ne consentiva la respirazione. Una vita ridotta al minimo fisiologico che Fabo aveva deciso non valesse la pena vivere dopo aver tentato inizialmente cure sperimentali risultate presto inutili.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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