L'ultima strategia anti Trump: innominabile come Voldemort

Il miliardario divide i repubblicani. Adesso che la candidatura è vicina molti lo sostengono, ma "in silenzio"

L'ultima strategia anti Trump: innominabile come Voldemort

Donald Trump come Lord Voldemort, colui che «non deve essere nominato». Il tycoon, unico rimasto in corsa per le primarie di partito e considerato il «presunto» candidato repubblicano nella battaglia per la Casa Bianca, ha scatenato una vera guerra all'interno del Grand Old Party, dove la domanda è se schierarsi o meno al suo fianco. Con il passare delle ore molti stanno cercando di rivedere le loro posizioni: c'è chi si rimangia i giudizi sprezzanti di pochi mesi fa nei confronti del re del mattone e chi sceglie «l'opzione Voldemort». «Sosterrò chi verrà nominato», dichiarano diversi membri del partito senza mai citare il nome di Trump, proprio come il cattivo della saga di Harry Potter considerato appunto «colui che non deve essere nominato».

A sposare questa linea è per esempio il senatore del New Hampshire Kelly Ayotte, che promette di appoggiare «il candidato Gop». Ma anche l'ex aspirante alla Casa Bianca John McCain, i senatori dell'Arkansas Tom Cotton e dell'Alaska Dan Sullivan, i quali si riferiscono al candidato repubblicano, ma fanno attenzione a non nominare mai «The Donald». Dall'altra parte, invece, c'è la lunga lista di chi preferisce rimangiarsi i commenti poco lusinghieri riservatigli finora. Come l'ex governatore del Texas Rick Perry, che aveva definito il re del mattone «un cancro del conservatorismo», paragonando la sua campagna a un «carnevale». Mentre ora afferma che «Trump non è certo perfetto, ma ama il suo Paese e si circonderà di gente capace e di esperienza», lasciando persino intendere che sarebbe pronto a correre con lui come vice presidente. L'ex governatore della Louisiana Bobby Jindal che aveva definito il miliardario «pericoloso, narcisista ed egocentrico», ora dice che lo sosterrà anche se precisa di «non esserne contento». «Un granello di polvere è molto più qualificato di lui a diventare presidente», affermava mesi fa l'ex candidato alle primarie repubblicane Rand Paul, prima di cambiare idea e decidere di appoggiare Trump se sarà il nominato del partito. Da parte sua il miliardario incassa la sfilza di successi e punzecchia i sostenitori dell'ultima ora. «Gente che ha detto cose terribili su di me non fa che telefonarmi dicendo che vuole far parte della mia squadra», spiega. «A un paio ho chiesto come potrebbero entrare nel mio team dopo le loro parole».

Tra i vertici del partito repubblicano, però, la spaccatura è profonda: il presidente Reince Priebus ha ribadito il suo sostegno a Trump pur spiegando di non essere d'accordo con alcune sue idee, come quella di mettere al bando i musulmani dagli Usa. Lo speaker della Camera Paul Ryan, al contrario, «non è pronto» a supportare il tycoon. Priebus però spera nella possibilità di arrivare all'unità: «Ryan non è ancora lì, ma vuole arrivarci», spiega, aggiungendo che ad alcune persone serve tempo per lavorare sulle differenze con Trump.

In realtà secondo molti osservatori lo speaker della Camera deve anche fare i conti con un partito diviso e con il timore di perdere - con il miliardario candidato - non solo la corsa alla Casa Bianca, ma anche la maggioranza al Congresso. L'estremo tentativo di raggiungere una tregua duratura andrà in scena giovedì prossimo, quando Ryan incontrerà Trump insieme a Priebus e ad alcuni leader del Grand Old Party.

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