
Donald Trump chiede all'Iran di arrendersi, senza condizioni, rivelando di sapere dove si nasconde Khamenei e di poterlo liquidare in qualsiasi momento. E, come nelle migliori partite di risiko, sposta i suoi caccia a ridosso della zona rovente. Parole e azioni forti quelle del tycoon che rischiano di frantumare i fragili equilibri che in Canada i leader del G7 hanno tentando di imbastire nonostante le ingombranti dichiarazioni del tycoon, convinto di avere in serbo qualcosa di speciale per frenare il conflitto in un paio di giorni. Di tregua per ora neppure a parlarne, soprattutto alla luce delle ultime affermazioni dei due Paesi: Israele augura all'ayatollah Khamenei di fare la stessa fine di Saddam Hussein e l'Iran minaccia pesanti ritorsioni utilizzando «armi infernali». Missili puntati contro le basi Usa in caso di attacco a stelle e strisce.
Prima di lasciare la sede del vertice canadese, Trump ha firmato la dichiarazione finale del G7. Nel testo si afferma che i leader «ribadiscono l'impegno per la pace e la stabilità in Medio Oriente», affermando che «Israele ha il diritto di difendersi» e sottolineando che «l'Iran è la principale fonte di instabilità e terrore nella regione, e non potrà mai possedere un'arma nucleare». Il portavoce del ministero iraniano degli Esteri Baqaei, che ha condannato le conclusioni sulla guerra con Israele del G7, accusa i firmatari di «ignorare la spudorata e illegale aggressione». Dichiarazioni rafforzate dalle parole del presidente Pezeshkian che denuncia l'Occidente di sostenere militarmente Israele. «Se gli attacchi continueranno non potrà mai esserci pace nella regione».
Attacchi forse ingiustificati, almeno secondo la Cia, che ha affermato come l'Iran non stava attivamente lavorando alla costruzione di un'arma nucleare prima di essere colpita da Israele. Per l'intelligence Usa ci sarebbero voluti almeno 3 anni prima che Teheran potesse assemblare gli ordigni. Trump ha liquidato la valutazione con un «non mi interessa cosa è stato detto. Io penso che erano molto vicini». Il presidente americano ha affermato di sapere dove si nasconde la guida suprema dell'Iran, l'ayatollah Khamenei, ribadendo che «per ora» gli Stati Uniti non vogliono che venga ucciso. In un post pubblicato su Truth, il tycoon ha sollecitato l'Iran a una «resa incondizionata. Sappiamo dove si nasconde il cosiddetto leader supremo. È un bersaglio facile, ma lì è al sicuro, non lo elimineremo, almeno per ora, ma non vogliamo che i missili vengano lanciati contro civili o soldati americani. La nostra pazienza si sta esaurendo. Abbiamo il controllo dei cieli». E dalla Situation Room ha ordinato il dispiegamento di ulteriori caccia in Medio Oriente per rafforzare la potenza di fuoco nella regione. Trump sta prendendo seriamente in considerazione la possibilità di entrare in guerra e sferrare un attacco alle installazioni nucleari, in particolare al centro sotterraneo per l'arricchimento dell'uranio di Fordow, ma serve l'ok del Congresso. Khameini, che potrebbe abdicare a favore del figlio Mojtaba, avrebbe trasmesso alcuni suoi poteri ai Pasdaran, mentre il suo vice Hajezi si troverebbe sulla strada per Mosca. L'Europa invoca un tavolo dei negoziati e chiede all'Iran di «evitare qualsiasi escalation nucleare», ma di continuare la cooperazione con l'Aiea. Per il cancelliere tedesco Merz gli attacchi sferrati da Israele hanno «notevolmente indebolito il potere iraniano. Netanyahu sta facendo il lavoro sporco per tutti noi». E avrebbe offerto la disponibilità a scendere in campo al fianco degli americani.
Il presidente cinese Xi Jinping non nasconde una «profonda preoccupazione per l'azione militare che ha causato un improvviso aumento delle tensioni in Medio Oriente». Più o meno le stesse affermazioni di Erdogan, che da Ankara si propone come conciliatore. Mosca, per voce di Peskov, parla di «escalation galoppante. Noi mediatori? Vediamo riluttanza da parte di Israele. Di questo passo si rischia un disastro nucleare».
A sera la nota del ministero degli Esteri: « Israele torni in sé e cessi immediatamente gli attacchi a installazioni e siti nucleari iraniani». A cui fa seguito la minaccia del capo di Stato Maggiore iraniano Mousavi: «Le operazioni condotte finora sono state un avvertimento a scopo di deterrenza. Quelle punitive arriveranno presto».