Chissà, potendo, se oggi chiederebbero indietro i soldi di quel biglietto aereo che poco più di un mese fa gli aveva permesso di sbarcare in piazza Syntagma giusto in tempo per i festeggiamenti e la passerella con gli inviati dei nostri tg in collegamento semi-permanente dalla Grecia. Di certo, quella sinistra italiana che a inizio luglio era volata ad Atene per celebrare un leader e la sua prova di democrazia dal basso sembra essere piuttosto in difficoltà. Sedotta e abbandonata da Alexis Tsipras nell'arco di soli 45 giorni. Un mese e mezzo per passare dal referendum sul piano proposto dai creditori internazionali alle dimissioni che portano dritte alle elezioni anticipate, per la seconda volta in meno di un anno. Un mese e mezzo per trasformarsi da incendiario capopolo in colomba. Da colui che giurava di «trasformare l'Ue dal suo interno», convinto che la Grecia si sarebbe «buttata dietro alle spalle l'austerità», al pompiere che alla fine ha deciso di sottoscrivere l'accordo voluto dalla Troika.
Inebriati da Tsipras. Non solo la sinistra italiana a dire il vero, perché pure Matteo Salvini ne aveva subito il fascino al punto dall'esser stato tentato dalla trasferta greca il giorno del referendum. Il segretario della Lega, però, ha saputo intuire che il vento stava girando e si è smarcato in fretta. Un po' meno Beppe Grillo: alla fine ha disertato piazza Syntagma, ma a tenere alta la bandiera del Movimento c'era comunque una corposa pattuglia di parlamentari ed europarlamentari.
Chi invece ci ha creduto fino in fondo - magari più per necessità che per convinzione - è la sinistra italiana. Da Nichi vendola a Stefano Fassina, passando per Pippo Civati e Maurizio Landini. I primi tre erano ad Atene la fatidica sera del 5 luglio, a festeggiare la democrazia dal basso e saltellare dall'inviato di Sky a quello di La7 . Il leader di Sel - accompagnato da Nicola Fratoianni e dai capigruppo di Camera e Senato Arturo Scotto e Loredana De Petris - era tra i più euforici, convinto che la vittoria del «no» al referendum fosse «il primo vero colpo alla religione dell'austerity», la «prima incontenibile crepa nel nuovo muro di Berlino», «una sconfitta della Troika, della Merkel e di Renzi». Eppoi via a dichiare in pompa magna i vari Fassina, Civati e Fratoianni. Con Pier Luigi Bersani e un pezzo di fronda Pd comunque a strizzare l'occhio. Si sono spesi fiumi d'inchiostro per celebrare il nuovo corso della sinistra in Europa, il successo di Tsipras e il fatto che potesse essere il modello per costruire in Italia un contenitore a sinistra del Pd.
È passato un mese e mezzo e tutto tace. A sinistra di Tsipras non parla più nessuno, se non per elogiarne la scelta di tornare a consultare il popolo.
Timidamente, perché sanno bene che il leader di Syriza lo fa con il solo obiettivo di sfruttare l'estrema debolezza dei suoi avversari ed emarginare la sinistra radicale. Lo sa bene anche Vendola che ieri si è limitato ad un laconico tweet: #iostoconTsipras . Il minimo sindacale. Non a caso si è ben guardato dal girarlo a agenzie di stampa, giornali e tv.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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