Coronavirus

L'ultimo lockdown?

Sarà l'aprile del nostro scontento. Ma forse sarà anche l'ultimo lungo miglio prima dello scollinamento verso la libertà.

L'ultimo lockdown?

Sarà l'aprile del nostro scontento. Ma forse sarà anche l'ultimo lungo miglio prima dello scollinamento verso la libertà. Pare certo che il nuovo decreto del governo Draghi lascerà mezza Italia in rosso e l'altra metà in arancione fino a oltre i due ponti di fine mese, quello del 25 aprile (che peraltro è domenica) e quello del 1° maggio. Ma ci sono buone ragioni per sperare che da lunedì 3 maggio o al più tardi dal 7 maggio, rispettando la cadenza mensile dei decreti, l'Italia possa tornare a schiarirsi e possano riprendere gli spostamenti, riaprire bar, ristoranti, negozi, palestre, piscine, cinema e teatri. Sono i numeri a dirlo.

Il bollettino di ieri è stato interlocutorio, con 23.839 nuovi contagi, 148 in meno rispetto a venerdì ma 7 in più rispetto al sabato della settimana precedente. La percentuale dei tamponi positivi rispetto al totale di quelli refertati è stata del 6,67 per cento (11,82 se si considerano soltanto i più affidabili molecolari). Ma a donarci un timido sorriso sono i dati settimanali, che danno un quadro più robusto della situazione. Negli ultimi sette giorni (dal 21 al 27 marzo, cioè ieri) si sono contati 145.559 contagi, circa 9mila in meno rispetto ai 154.539 della settimana dal 14 al 20 marzo, con l'incidenza, ovvero il numero di contagi in rapporto alla popolazione, che scende da 259,11 ogni 100mila abitanti a 244,06. Una diminuzione tenue ma simbolicamente importante, perché ci colloca sotto il livello di guardia fissato in 250. Negli ultimi sette giorni la curva è stata in netta discesa in Campania, Emilia-Romagna, Marche, Friuli-Venezia Giulia, Trentino e Molise, in lieve discesa in Lombardia, Lazio, Piemonte, Toscana, Abruzzo, Umbria, Basilicata e Alto Adige, in lieve aumento in Veneto, Sicilia, Puglia, Calabria e in deciso aumento in Sardegna, Liguria e Valle d'Aosta, passata in meno di due mesi da essere la regione con meno contagi relativi (43,99 il 1° febbraio) a esser la terza più colpita (338,31 ieri) dopo Friuli-Venezia Giulia e Piemonte.

Casi regionali a parte, sono numeri che fanno ben sperare, perché il picco della terza ondata è ormai alle spalle e pian piano la discesa dovrebbe diventare più veloce: oltre all'andamento statistico, comunque prevedibile, dovrebbero congiurare a nostro favore l'aumento delle temperature, gli effetti positivi delle restrizioni e il progressivo aumento della popolazione immunizzata. Calcolando una media di 300mila dosi di vaccino somministrate al giorno, entro fine aprile potrebbero essere state fatte circa 20 milioni di punture, con almeno un decimo della popolazione - tendenzialmente la più fragile - al sicuro. Per tornare tutti bianchi dovremo avere meno di 5mila contagi al giorno (con 4.260 si sta al livello di 50 contagi settimanali ogni 100mila abitanti), ed è possibile che ai primi di maggio questo traguardo sia vicino.

Certo, ci sono anche numeri meno piacevoli. I morti ieri sono stati 380, in calo rispetto ai giorni precedenti, ma il totale dell'ultima settimana è di 2.994 decessi, superiore ai 2.761 della settimana precedente (+8,44 per cento), ma è ormai noto che il numero dei morti reagisce con settimane o mesi di ritardo all'andamento dei contagi. Quanto ai dati ospedalieri, ieri 156 ricoverati in più (32.256 il totale) e 7 in più nelle terapie intensive (3.635, il 39,96 per cento del totale dei posti disponibili). Anche qui il plateau sembra vicino.

E quando la pressione sugli ospedali scenderà saremo veramente vicini alla fine dell'incubo.

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