
"Papà ha sempre detto: quando andrò via voglio che sia alle 6 del mattino senza nessuno e raggiungere la mamma. Oggi la camera ardente non è nemmeno per pochi intimi: solo la famiglia e questa struttura meravigliosa che lo ha ospitato con affetto, e quindi, naturalmente, il personale medico, loro vengono a salutarlo ma nessun altro, da fuori nessuno". Così Sveva (nella foto sopra a destra), una delle due figlie di Emilio Fede, morto martedì a 94 anni nella residenza San Felice di Segrate (nella foto sotto a destra). Oggi si terranno i funerali a Segrate dove ha lavorato tutta la vita. "Ringrazio Mediaset perché papà non sarebbe stato quello che è stato se non ci fosse stata Mediaset, che gli ha dato un'opportunità straordinaria quindi di questo ringraziamo l'azienda che ha partecipato con un necrologio molto affettuoso e lui, giustamente, l'ha avuta nel cuore fino in fondo" ha aggiunto. L'ultimo saluto a Fede, che aveva compiuto 94 anni a giugno e da un anno era ricoverato nella struttura, è confermato per oggi, con le esequie alle 16 nella parrocchia di "Dio Padre", a Milano 2. A celebrare la funzione sarà il parroco don Gianni Cazzaniga. Il necrologio di partecipazione al lutto di Mediaset è apparso ieri sul Corriere firmato dall'amministratore delegato Pier Silvio Berlusconi, dal presidente Fedele Confalonieri, dai dirigenti e dai collaboratori.
Ed è stata sempre Sveva a ripercorrere le ultime ore del padre: "Sono state come tutta la sua vita, una guerra fino all'ultimo, con un coraggio infinito, testa alta, senza alcuna voglia di mollare. Persino i medici erano strabiliati di quanto ha lottato: non voleva andarsene. Non voleva andarsene perché la sua tempra era forte e resisteva a tutto, d'altro canto era sereno perché raggiungeva la mamma". Sulla fede: "Era un uomo di fede, penso che dentro di sé sapesse, avesse messo ordine, avesse avuto questo tempo". Infine sull'esempio lasciato: "Quella di non abbandonare mai, di rialzarsi, di camminare a testa alta consapevoli di quello che si è fatto e non dando retta alle tante dicerie". Nella giornata dei ricordi umani e politici, non sono mancate le polemiche. C'è chi di Fede ricorda il "carattere tremendo" (Paolo Brosio, giornalista): "Mi ha tirato addosso la macchina da scrivere ma è stato il mio padre professionale". Pino Pisicchio, giornalista ed ex europarlamentare: "Era un professionista a tutto tondo che si è trovato cucita addosso una reputazione che non gli rendeva giustizia soprattutto sul versante della sua umanità". Carlo Freccero, che lo ha conosciuto da vicino, ha commentato che "è stata fatta molta ironia per la sua dedizione totale, assoluta e acritica a qualsiasi decisione berlusconiana. Ma sono convinto che Fede non si rese mai opportunista. Ammirava così tanto Berlusconi che tutta la sua presenza in tv è un continuo elogio del suo eroe. Omero fu il cantore dell'ira di Achille, Emilio decise di essere il cantore dei gesti berlusconiani". Freccero ha ripercorso anche la caduta, "la sincera venerazione lo rendeva impermeabile a qualsiasi valutazione critica sull'opportunità di certi comportamenti, alla fine lo scandalo colpì soprattutto lui e, dopo i fasti della tv commerciale i suoi ultimi anni sono stati estremamente tristi. Era l'immagine del rimpianto e della solitudine". Sui social sono stati rispolverati i vecchi nomignoli, da "Emilio Fido" (inventato da Striscia la notizia) a l'"invidiato speciale" o "Sciupone l'Africano" (dalla sua abitudine di pagare le fonti, da inviato, per sfoggiare gli scoop). E chi si è impegnato in valutazioni rancorose come il giornalista Andrea Scanzi su Facebook: "A me la parabola di Emilio Fede dice che dedicare tutta la vita per servire e riverire un capo è tanto sbagliato quanto idiota. La gente ti odia da morire, il capo ti butta via quando non gli servi più e resti solo". Parole di amicizia, invece, da Adriano Galliani: "Emilio per me è stato soprattutto un amico carissimo, con il quale ho condiviso tanti momenti sul lavoro e nella vita privata".
Di elogio il commento di Michaela Biancofiore, capogruppo al Senato di Civici d'Italia, Udc: "Tra i tanti meriti che ha avuto
nella sua carriera giornalistica, dapprima come inviato di guerra e poi volto popolare e grande anchorman del Tg1, ebbe quello di aver saputo fidelizzare un milione di telespettatori a sera inchiodati davanti al suo Tg4".