L' amore non è bello se non è litigarello, dice l'adagio popolare. Che si adatta perfettamente alla maggioranza grillo-leghista e ai suoi due vicepremier, che passano settimane a minacciare sfracelli e a sfidarsi con toni da Ok Corral per poi, ogni volta, fare la pace e giurare di voler restare insieme, se non tutta la vita, almeno tutta la legislatura.
Il Consiglio dei ministri notturno (e a puntate) di lunedì è finito come previsto nel nulla, anche se i rispettivi uffici stampa facevano sapere che lì dentro si combatteva duramente e che ognuno dei contendenti teneva alte le sue bandiere. Risultati: zero. Niente decreto Sicurezza bis di Salvini, investito da pesanti dubbi di costituzionalità e rimaneggiato in corsa ogni due ore (ieri sono state tolte anche le supermulte a chi salva migranti in mare), né decreto Famiglia di Di Maio, ridicolizzato ieri anche dal ministro dell'Economia Tria per le coperture inventate. Del resto a nessuno dei due interessa veramente che le due norme-bandiera diventino realtà: l'importante è che giornali e tv continuino a regalare loro titoli e share raccontando agli elettori la loro strenua lotta. Ovviamente Salvini continua a chiederne l'immediato varo, e a reclamare un Consiglio dei ministri ad horas per approvarlo. Mentre Di Maio replica a brutto muso a Tria giurando di avere già nel cassetto i soldi da distribuire a chi si riproduce. Ma la manfrina è destinata probabilmente ad esaurirsi appena si chiuderanno le urne delle elezioni europee. Così il grillino dice: il governo «deve andare avanti», ma il M5s «non starà zitto di fronte a cose come la foto con il mitra» di Salvini.
Il premier Conte è tornato giulivo e sparge miele: «Non mi sento affatto sfiduciato. Voi vedete crisi dietro ogni discussione. Ieri siamo stati in Cdm molto serenamente, abbiamo affrontato i temi e ci siamo aggiornati. Nessuna crisi, nessun diverbio». Strizza l'occhio a Salvini: «Vedremo» se fare un nuovo Cdm in settimana per approvare il dl Sicurezza, dice senza chiudere la porta. Di Maio assicura che il «clima è sereno». Poi lancia un avvertimento a Salvini, rivelando il proprio timore che il voto europeo e il probabile sorpasso della Lega sui Cinque stelle possano cambiare gli equilibri nel governo, sottraendo posti a grillini per darli al Carroccio: «Nessun rimpasto dopo le Europee, non mi risulta che quel voto cambi la composizione del parlamento italiano, il problema non si pone».
Evidentemente alla Casaleggio si è registrato che l'eccesso di scontri belluini e senza costrutto nella maggiorana non hanno un buon effetto sui sondaggi. E cosi il grillino Paragone viene spedito in tv a implorare perdono: «Abbiamo un po' esagerato, chiediamo scusa agli elettori perché mentre noi litighiamo loro hanno problemi reali. A noi piacerebbe un orizzonte di cinque anni di legislatura». Sulle poltrone di governo, ovviamente: e c'è da credergli.
Lontano dai riflettori, del resto, Lega e M5s si scambiano segni di affetto nel chiuso delle commissioni: al Senato la Lega ritira il suo emendamento fine-di-mondo sulla «urgenza» della Tav; e alla Camera si guarda bene dall'andare allo scontro diretto su Radio Radicale, che la Lega (e tutto il resto del Parlamento) vorrebbe salvare e
che i Cinque stelle vogliono affossare. «Mentre litigano sui giornali - dice il senatore Dem Margiotta - in Parlamento mediano su tutto: sulla Tav al Senato come su Radio Radicale alla Camera. E su tutto trovano l'accordo».
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