
E ora, che accade? A mezzogiorno di ieri l'orologio della storia ha preso a correre. Vediamo che cosa accadrà e che cosa potrebbe accadere nei prossimi giorni, i primi in cui tacciono le armi dopo due anni. E nei prossimi mesi, quella del consolidamento della tregua e della ricostruzione della Striscia.
La tregua è scattata ieri a mezzogiorno ora locale, subito dopo la ratifica dell'accordo con Hamas da parte del governo Netanyahu, e il ritiro dell'Idf dalla Striscia, che però resta a Rafah e controlla ancora il 53 per del territorio. Il primo effetto della nuova situazione sarà che da domani a Gaza dovrebbero riprendere ad arrivare aiuti sostanziosi alle popolazioni della Striscia. Israele ha dato il via libera alle autorità delle Nazioni Unite per dare il via alla consegna massiccia di pacchi con cibi, medicinali e altri beni fondamentali, che comprenderanno anche le 170.000 tonnellate che sono già state posizionate in Paesi vicini.
Lunedì a mezzogiorno scadrà il termine di 72 ore per il rilascio degli ostaggi in vita ancora nelle mani di Hamas (dovrebbero essere 20), mentre ci potrebbe volere più tempo per la restituzione dei corpi dei rapiti uccisi dai miliziani o morti sotto le bombe dell'Idf. Una volta riconsegnati gli ostaggi si apriranno le porte delle carceri israeliane per quasi duemila detenuti palestinesi (250 dei quali condannati all'ergastolo). Nella lista resa nota ieri dal ministero della Giustizia israeliano non compaiono i cosiddetti "big seven", le figure ritenute più pericolose da Marwan Barghouti ad Ahmad Saadat.
Lunedì dovrebbe anche arrivare in Israele il presidente Usa Donald Trump e lo stato ebraico si prepara a un'accoglienza trionfale per colui che è considerato il padre dell'accordo. Migliaia di agenti di polizia, personale della polizia di frontiera e volontari saranno dispiegati, le strade saranno chiuse e agli aerei, compresi i droni, sarà vietato sorvolare l'aeroporto Ben Gurion e Gerusalemme. Trump dovrebbe tenere un discorso davanti alla Knesset. Resta in piedi anche l'ipotesi della sua presenza a Sharm el-Sheikh per la cerimonia ufficiale della firma dell'accordo, che dovrebbe avvenire poche ore dopo, lunedì pomeriggio o martedì. In quell'occasione dovrebbe tenersi anche un vertice con i leader mondiali su Gaza, al quale dovrebbe partecipare anche il presidente del consiglio italiano Giorgia Meloni.
A quel punto inizieranno i negoziati per attuare la seconda fase del piano Trump che prevede il disarmo di Hamas, il ritiro dell'Idf dietro la linea rossa (più esterna di quella gialla), l'istituzione di una zona cuscinetto tra la Striscia e Israele, la creazione di un'amministrazione provvisoria internazionale a guida Usa, l'istituzione di una Forza internazionale di stabilizzazione (Isf).
Gli Stati Uniti invieranno 200 duecento militari in Israele per supportare e monitorare il cessate il fuoco a Gaza, nell'ambito di un team che include nazioni partner, organizzazioni non governative e attori del settore privato. Il peacekeeping nella Striscia dovrebbe invece essere garantito dai Paesi arabi come la Turchia, lo stesso Egitto, il Qatar, anche se ieri la Spagna e l'Italia si sono detti disponibile a inviare uomini.
L'orizzonte politico è più fumoso: Israele dice un no secco a a un futuro stato palestinese, Hamas invece sembra favorevole a un governo tecnico palestinese "sotto l'egida dell'Anp" e garantito da Paesi arabi e musulmani e non vuole nessuna amministrazione straniera o occidentale. Il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha lanciato la proposta di una conferenza internazionale per la ricostruzione.