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Il "Lungo" senza ipocrisie nel club dei fondatori di Fdi

Marsilio è da sempre a fianco della premier. Un "ruvido" concentrato sui risultati. Arrivati

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Dire che il suo punto di forza sia la simpatia, è forse fuori luogo. Perché a Marco Marsilio, di stamparsi sorrisi finti sul volto e stringere mani tanto per fare un favore momentaneo a questuanti d'ogni sorta, non glien'è mai importato granché. È per sua stessa ammissione un «ruvido attaccabrighe», quando necessario. Con l'ossessione dei risultati: dalle piazze da riempire alle opere da realizzare. Così è diventato il primo presidente di regione di FdI nel 2019. E il primo governatore della storia abruzzese confermato per un secondo mandato. Caratterino senza compromessi dai tempi del liceo, le riunioni studentesche lo proiettano nella militanza alla sezione romana di Colle Oppio; storica sede della destra italiana per molti anni detenuta dal Movimento Sociale dove arriverà presto anche una 15enne Meloni. Carriera capitolina, cuore e temperamento da abruzzese doc. Fino allo storico bis regionale.

Dopo anni di movimentismo, nella Roma dei non facili cortei Anni '80, Marsilio slancia una destra Under 30. Non solo grazie ai centimetri che gli valgono il soprannome di «Lungo». Ma innestando una concezione innovativa, per l'epoca, di coinvolgimento e avvicinamento alle idee, col chiaro intento di sgranchirle dai cliché legati a un passato che la nuova generazione già considerava archiviato. Feste nei rioni, centri estivi, volontariato: al centro del dibattito politico arriva il tema ambientale; il «contagio» nelle edicole tra costume e satira che mette Che Guevara accanto a Nietzsche con la rivista Morbillo animata da Fabio Rampelli; si sfida la sinistra dove i comunisti sono sempre stati più bravi, l'associazionismo diffuso e tentacolare della Capitale di cui oggi si vedono i segni più deleteri nel cosiddetto «amichettismo». Gli avversari intuiscono che il «Lungo» e gli altri hanno energie e argomenti. E se ne accorgono pure in Campidoglio, dove dal '97 al 2008 Marsilio diventa oppositore di Rutelli e Veltroni. Inizia la scalata ai piani alti, senza dimenticare le radici pescaresi e la passione per la montagna. E da vicepresidente di Azione Giovani tesse la tela che porterà Meloni a guidare l'organizzazione juniores di An; un percorso fatto di amicizia, rispetto, fedeltà assoluta. Nel 2008, l'esordio in Parlamento. Tra maratone di New York e riunioni della commissione Circhi al ministero della Cultura.

Per capire perché oggi è nel cerchio magico della premier, basterebbe ricordare che nel 2012 era nello studio in cui nacque Fratelli d'Italia con La Russa, Crosetto e Meloni. Dopo la svolta finiana di Fiuggi, e i litigi tra An e Forza Italia, la storia offre infatti a quel gruppo di militanti cresciutelli un assist da cogliere al balzo: la creazione di un partito nuovo, scisso dal Pdl ma alleato degli azzurri, un cartello conservatore allora al 2%. Primo dei non eletti di FdI alla Camera nel 2013, nel 2018 è senatore. Un anno e rinuncia, perché l'Abruzzo cerca un conterraneo caparbio per sfidare la sinistra. Vinse.

Durissima questa seconda campagna. Lo si è visto con l'organetto in mano a strimpellare con gli alpini sul Gran Sasso accanto al Maestro teramano Enrico Melozzi, celebre bacchetta sanremese (e di sinistra). Per scrollarsi di dosso l'etichetta di presidente catapultato da Roma, e perché non ne poteva più di rispondere coi fatti alle accuse di Conte, d'essere un governatore in smart working con casa a Roma, il «Lungo» ha preso a rivendicare anche a brutto muso i risultati della coalizione. Nel 2019 era convinto che il centrodestra fosse la formula vincente ed ebbe ragione. In 5 anni, nuovi ospedali, finanziamenti per la ferrovia Roma-Pescara, pista intercontinentale per l'aeroporto e accelerata sulla ricostruzione post sisma in sodalizio col commissario Castelli dopo gli anni di Legnini; la partenza del Giro d'Italia, la Notte dei Serpenti su Rai 1. Investimenti per «infrastrutture di cittadinanza», senza trascurare identità e tradizioni locali. «Sento l'urlo dei lupi abruzzesi, altro che spifferi sardi», tuonava solo pochi giorni fa.

Ha avuto ragione.

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