L'unico «immigrato» respinto

Milan meglio del governo: incassa 20 milioni e si libera di una grana

Mario Balotelli fotografato al San Paolo per Napoli-Milan
Mario Balotelli fotografato al San Paolo per Napoli-Milan

Da mesi siamo impegnati nell'operazione Mare nostrum per salvare dall'annegamento migliaia di profughi (quasi tutti di colore), accoglierli e ospitarli, suscitando spesso le loro proteste perché, essendo noi in bolletta, non riusciamo a sistemarli in hotel a 5 stelle e neppure in quelli a 4. Se poi alcuni di essi hanno la scabbia e siamo costretti a irrorarli di disinfettante allo scopo di liberarli dall'orrendo acaro, apriti cielo: anziché ringraziarci, gli immigrati ci insultano e ci maledicono (accusandoci di maltrattamenti indegni di un Paese civile), incoraggiati nel protestare dagli applausi di parecchi nostri connazionali progressisti e buonisti, affiancati e supportati dai fighetti della Ue che considerano l'Italia obbligata non solo ad adottare qualunque straniero, ma anche a coccolarlo, mantenerlo e possibilmente vezzeggiarlo.

Questo è un dato di fatto. Inoltre, vari extracomunitari non gradiscono trattenersi nella penisola: puntano a trasferirsi, piuttosto, in Scandinavia o comunque a Nord, oltre confine. E qui accade il bello, si fa per dire. Una volta giunti alla frontiera, sono soggetti a una selezione: le brave persone con i documenti in ordine passano e proseguono il viaggio; quelle poco raccomandabili - bastardi, ladri e carogne - sono bloccate, rimangono qui e ce le godiamo noi, pagando fior di milioni per la loro sopravvivenza.

Per rompere questo schema, ahimè consolidato, ci voleva una squadra di calcio, il Milan, che a modo suo ha attuato il primo respingimento della storia recente. Un respingimento anomalo, ma pur sempre tale. Adriano Galliani e Barbara Berlusconi hanno venduto al Liverpool, forse senza valutare le conseguenze del loro gesto, Mario Balotelli, discusso attaccante moro, cioè di pelle scura, nonostante l'accento smaccatamente lombardo. Non solo sono stati capaci di toglierselo dai piedi, sollevando l'allenatore Pippo Inzaghi dall'onere di rieducarlo (anzi educarlo a più civili comportamenti), ma anche incassando dal club britannico 20 milioni di euro, circa quanti lo Stato da noi nutrito ne spende in una settimana per adempiere ai doveri imposti dalla missione denominata Mare nostrum. È la dimostrazione che il governo rossonero, pur non avendo brillato negli ultimi tempi nella gestione sportiva della squadra, amministra meglio di Matteo Renzi i propri fondi.

Il Milan infatti, sbolognando il puntero afrobresciano, si è economicamente rinfrancato, attrezzandosi per acquistare giocatori meno rompicoglioni del cosiddetto Supermario, sicuramente bravo, ma talmente indisciplinato e negligente da aver fatto perdere la pazienza ai tifosi e anche numerose partite all'équipe berlusconiana e a quella azzurra. Basta. Fine di uno psicodramma. Sono consapevole: senza Balotelli, il calcio casareccio s'impoverisce perché questo atleta dal fisico imponente è in potenza un campione, ma, non avendo la testa con tutti i fili attaccati, in campo rende come un qualsiasi mediocre pedatore.

La sua esplosione era attesa da almeno cinque o sei anni; aspetta e spera: in realtà abbiamo assistito a un flop dietro l'altro. Riflessione conclusiva. Un rondone africano non fa primavera, tanto è vero che sul pallone italiano piove da almeno un lustro. Le nostre grandi squadre in ambito internazionale non vincono neanche un torneo di tressette. Non suscitano entusiasmo. Si sono immiserite. I pochi talenti prodotti dai vivai nostrani se ne vanno in giro per il mondo. I club si affidano ai procuratori e umiliano gli osservatori.

Il campionato che comincia tra poco più di una settimana non fa notizia né in patria né fuori, e pensare che era giudicato il più spettacolare e appassionante del globo. Al declino economico è seguito nel Belpaese quello sportivo. I bambini e i ragazzi, tutti tecnologicamente avanzati, smanettano col telecomando e sul televisore vedono le gare del Real Madrid, del Barcellona, dell'Atletico, del Bayern Monaco e del Manchester eccetera. Che allestiscono spettacoli di alto livello, competizioni esaltanti. Parliamoci chiaro. Personalmente amo le piccole squadre, le provinciali, perché appartengo a una generazione che soffre di nostalgie parrocchiali, ma tra i giovani chi si arrapa nel seguire Chievo-Sampdoria o Atalanta-Sassuolo?

Globalizza oggi e

globalizza domani, ci siamo ritrovati con una piccola palla sgonfia che non frega più niente a nessuno. Eravamo i primi, siamo avviati a essere gli ultimi. Ma sempre presuntuosi e senza grinta. Pieni di boria, e solo di quella.

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