Nomi, conoscenze, relazioni che si incrociano nelle parabole discendenti delle banche in crisi sull'asse Veneto-Toscana. Spuntano a margine delle inchieste penali che sono deflagrate dopo il tonfo degli istituti che si sono portati a fondo soldi di azionisti e obbligazionisti. Circoscrivono situazioni e contatti tra ambienti vicini a Palazzo Chigi e le banche nella bufera tra risoluzioni e commissariamenti. Come quelli in cui si sono imbattuti gli investigatori che indagavano su Veneto Banca, sul filo diretto delle telefonate dell'ex direttore generale dell'istituto, Vincenzo Consoli. Il 3 febbraio 2015 Consoli (oggi indagato nell'ambito del dissesto e scarcerato tre mesi fa dagli arresti domiciliari a cui era sottoposto da agosto 2016), chiamava il vice presidente di Banca Etruria, Pier Luigi Boschi, padre dell'ex ministro ora sottosegretario, per cercare un contatto con Matteo Renzi. Nello specifico, la possibilità di un incontro, come ha raccontato Federico Nicoletti sul Corriere del Veneto. La voce dall'altro capo del telefono «dal forte accento toscano» a cui Consoli «dà del tu» e chiede di intercedere per procuraglielo, secondo gli investigatori è quella del padre dell'allora ministro Maria Elena. Il quale, a 340 chilometri di distanza da Montebelluna, ad Arezzo, siede sulla poltrona di Etruria quando l'istituto viaggiava velocemente verso il commissariamento dell'11 febbraio 2015, e verso il bail-in che avrebbe in seguito inghiottito i soldi di azionisti e obbligazionisti subordinati.
Consoli, in sella alla banca veneta che ha bruciato 5 miliardi con le operazioni baciate (prestiti concessi con l'acquisto di azioni) sottoscritte da 90mila risparmiatori ridotti sul lastrico, chiede a Boschi «novità sul nostro fronte». Si riferisce, scrivono gli investigatori, probabilmente alla riforma delle banche popolari, da poco obbligate a trasformarsi in spa per decreto di quello stesso governo Renzi in cui Maria Elena Boschi è titolare del ministero per le Riforme e dei rapporti col Parlamento. Proprio lei, annotano a margine delle intercettazioni, viene chiamata in causa dal padre «facendo intendere la possibilità di aprire una sorta di dialogo con il premier su taluni aspetti della riforma» delle popolari. In chiusura di telefonata Consoli lo prega di far presente «al Presidente» (Renzi) la propria disponibilità a un incontro. Boschi senior lo rassicura e gli risponde che lo richiamerà «domani».
Nella ricostruzione delle conversazioni del direttore generale sembrerebbe anche balenare l'ipotesi, mai approdata a Montebelluna, di un intervento di Veneto Banca nel salvataggio della stessa Etruria. Perché poco prima di contattare l'uomo «dall'accento toscano» che per gli investigatori è Boschi, Consoli è al telefono con un esponente della Banca d'Italia. Si tratta di «tale Vincenzo», con cui l'ex dg si intrattiene sul decreto delle popolari, e sembra pure sull'ipotesi di un possibile intervento su Etruria prima del commissariamento, su cui sarebbe stata invece contraria la vicina PopVicenza. «Venditela in qualche modo - dice l'uomo di Bankitalia - fai sapere a chi di dovere che sei pronto domani mattina, tanto poi se non si fa è perché non vuole Vicenza». A Roma chi? Chiede Consoli. «A Matteo», risponde l'altro. È qui che il direttore ricorda al suo interlocutore di aver già «chiesto a diverse persone di farmi incontrare Renzi, però non riesco».
Allora «Vincenzo» gli suggerisce di chiederlo a Pierluigi «perché sta in presa diretta». Consoli si convince: «Lo chiamo e vedo se mi fissa un incontro anziché con la figlia, direttamente col premier». Detto fatto. E dopo un'ora e mezza, la linea telefonica si apre con Arezzo.
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