Houston abbiamo un problema. Sembra provenire dallo spazio siderale la solidarietà di Matteo Renzi all'ultima pecorella smarrita di un governo che non ha mai ricevuto alcuna investitura popolare. Un governo tutt'altro che tecnico, eppure dove un tecnico, un superburocrate, dettava la linea al suo ministro, imponeva i suoi uomini (persino il viceministro), faceva addirittura le ore piccole per scrivere il programma del Ncd, principale alleato (per non dire unico) del Pd.
Il ministro in questione, Maurizio Lupi, in un Paese nel quale l'opinione pubblica avesse ancora voce in capitolo, sarebbe già sull'uscio. Non perché indagato, non per presunzione di colpevolezza, ma forse solo per quel peccato di sudditanza nei confronti del Superburocrate, Ercolino Incalza. Il quale, più che incalzarlo, lo dominava. Al povero Lupi, oltre che rivolgergli pubblici ringraziamenti al Meeting di Cl, oltre che difendere il domine nelle audizioni in Parlamento, non restava che frequentare assiduamente il terzo anello: Stefano Perotti, uomo di Incalza, accusato dai magistrati di aver regalato al figlio del ministro, Luca, un rolex da 10mila euro, più un posto di lavoro in una delle sue società.
A dispetto del suono dell'ultima campanella, degli imbarazzi renziani e dell'assedio cui è sottoposto, il destino di Lupi però non è ancora segnato. Se Renzi è deciso a trovare una soluzione che non metta a rischio il governo, Alfano cerca il modo di non crollare con tutto l'Ncd. Ieri alla Camera la capigruppo ha decretato all'unanimità che il ministro riferisca in aula (forse già nel question time di oggi). Nel frattempo, Sel e grillini hanno presentato una mozione congiunta di sfiducia individuale che pone in risalto i motivi politici di inopportunità per la permanenza in carica. La Lega ha invece annunciato di voler ascoltare prima i suoi chiarimenti, concentrandosi piuttosto sull'obbiettivo grosso: una mozione che chiede le dimissioni di Alfano e la messa in crisi dell'intero esecutivo. Se Grillo va a nozze sul suo blog («Alfano analfabeta appalta a Incalza il programma del Ncd»), a difendere il ministro sono rimasti solo i suoi compagni di partito, che lamentano il «tritacarne» nel quale il ministro sia finito da «non indagato».
Lupi invece, visibilmente scosso e tormentato, ieri ha parlato più volte al telefono con il premier Renzi, facendo trapelare tramite i propri collaboratori la decisa volontà resistere e non dimettersi. Sicuro, dice, «di poter chiarire tutto», perché «contro di me non c'è niente, è tutta una manovra in chiave elettorale in Lombardia» . Ma il pressing cui l'ha sottoposto Renzi parrebbe non lasciare molte vie di scampo, tanto che il sottosegretario Delrio in serata parlava soltanto di «valutazioni dei singoli in corso». Segno che la trincea di Lupi starebbe vacillando, come d'altronde pareva cogliersi già ieri l'altro, in una difesa a botta calda che poggiava soprattutto sull'«amarezza di un padre nel vedere un figlio sbattuto in prima pagina come un mostro senza alcuna colpa». Colpito dalle intercettazioni e dai favori ricevuti dal figlio Luca, «che è laureato in ingegneria civile con 110 e lode e ha tutte le carte in regola per quel posto, che io non ho mai chiesto a Perotti. Certo, se avessero regalato a me il rolex non l'avrei accettato». Non pensava ancora alle dimissioni, nell'intervista a Repubblica , «anche se, per la prima volta, mi sono chiesto se il gioco vale la candela.
Se fare politica significhi far pagare questo sacrificio alle persone che ami».Nella caduta dell'ultimo Prodi, fu Clemente Mastella il primo a mettere sui due piatti della bilancia affetti privati e poltrona ministeriale. Rinunciando, con gran dignità, alla seconda.
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