Macché campo largo. Senza centro è monco e destinato a perdere

Il voto in Abruzzo e Basilicata lo ha dimostrato. Ma anche in Sardegna sarebbe stato sconfitto

Macché campo largo. Senza centro è monco e destinato a perdere
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La radiografia delle tre elezioni regionali di questa primavera, se interpretata senza le bistecche dell'ideologia sugli occhi e il fragore degli slogan nelle orecchie, mostra una novità: dopo gli anni del sovranismo, del populismo, dell'estremismo le vittorie elettorali si decidono di nuovo al centro. Tra i due schieramenti dello strano bipolarismo italiano si impone quello che riesce ad assicurarsi una presenza più attenta verso l'elettorato moderato, di destra o di sinistra.

In Sardegna, ad esempio, la vittoria dell'asse Pd-5stelle per un migliaio di voti, non ci sarebbe stata se i centristi di Carlo Calenda si fossero alleati con il centro-destra e non con la lista di Renato Soru. Come pure la vittoria della coalizione di governo in Abruzzo è stata determinata dalla capacità di Forza Italia, cioè della gamba di centro del centro-destra, di portarsi a casa un 4,4% di voti in più rispetto alle elezioni del 2019 (dal 9% al 13,4%): senza quei voti Marco Marsilio non avrebbe vinto.

Ancora più clamoroso è il risultato delle elezioni in Basilicata: la lista di Azione insieme a una civica che ha eletto il consigliere di Matteo Renzi raggiungono insieme quota 14,5%, risultando essenziali per la vittoria di Vito Bardi; se si fossero schierati sull'altro fronte il centrodestra sarebbe stato sconfitto. Di più: i due partiti simbolo del populismo e del sovranismo italiano, 5stelle e Lega, sommati raggiungono a malapena il 15%, meno della metà dei voti che presero alle regionali del 2019.

Questa chiave interpretativa delle tre elezioni regionali dimostra che rispetto al passato l'area moderata ha recuperato appeal e che la vittoria si decide di nuovo al centro. Chi è più attrezzato per attrarre quel segmento elettorale si impone. Il corollario di un simile ragionamento, se si usa il vocabolario bucolico che si è imposto in politica, è uno solo: il campo largo in realtà è un campo monco perché l'alleanza giallorossa senza una gamba che presidi il centro, non è nelle condizioni di imporsi. Il successo in Sardegna, di fatto, è stato un miraggio e se si fossero letti correttamente i dati, dando la giusta importanza al fatto che i moderati del centro-sinistra in quell'occasione non si erano schierati tra i due poli come hanno fatto in Basilicata, si poteva capirlo già allora. E non avremmo sicuramente sentito le fanfare giallorosse suonare per mesi uno spartito sbagliato in maniera stonata.

Del resto questo cambio di stagione spiega anche altri fenomeni che stanno mutando la geografia della politica italiana. Ci sarà una ragione o no se sul versante del centro-destra Forza Italia, il partito moderato per antonomasia, sale, mentre la Lega nello schema sovranista di Salvini, scende? Ed ancora: ci sarà un motivo o no se la competizione tra Pd e 5stelle sul sentiero del populismo di sinistra, ha precipitato l'opposizione in una crisi profonda? La Schlein ha inseguito i grillini a tutti i costi proprio mentre si stanno avviando sul viale del tramonto: quello del segretario del Pd è stato un errore diabolico. Soprattutto perché, per dare retta ai 5stelle, ha trascurato le due costole del centro-sinistra che si muovono nel campo moderato, Azione di Calenda e Italia Viva di Renzi. Essenziali anch'essi alla vittoria del campo largo: Prodi docet. E senza questi due soggetti il centro-sinistra di ritrova sguarnito proprio sul versante decisivo. Basterebbe leggere le cronache politiche di questi anni per rendersi conto che il centro-sinistra in realtà ha vinto davvero solo due elezioni politiche - 1996 e 2006 - quando nella coalizione era presente un soggetto moderato come la Margherita. Ed infine ci sarà un fondamento se in questa fase il centro-destra appare più robusto perché Forza Italia ha una maggiore capacità di attrazione dell'elettorato moderato mentre la potenziale area moderata e riformista dell'altro schieramento (Renzi, Calenda) è divisa da personalismi e polemiche che ne riducono l'appeal? La verità è che nell'attuale congiuntura politica si impone l'alleanza che ha al suo interno la forza più organizzata per conquistare l'elettorato di confine tra i due poli.

Le speranze dei reduci del sovranismo e del populismo, cioè di leghisti e grillini, sono riposte solo nel ritorno di Trump alla Casa Bianca. Ma non è detto che il vecchio Donald, se vincesse le elezioni dopo la fine turbolenta del suo primo mandato, non si proponga per sano pragmatismo in uno stile più moderato. Mai dire mai.

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