Cronache

Macerata, fermi confermati "Ma nessun organo sparito"

Nulla è stato asportato dal corpo di Pamela. Le celle telefoniche rivelano: nell'appartamento erano in tre

Macerata, fermi confermati "Ma nessun organo sparito"

Lucky Desmond e Awelima Lucky resteranno in carcere. Ieri il gip del tribunale di Macerata ha, infatti, convalidato il fermo dei due nigeriani accusati, insieme al connazionale Innocent Oseghale, di aver barbaramente ucciso la 18enne Pamela Mastropietro e di averne fatto a pezzi il cadavere, per poi occultarlo. Cadavere da cui, rivelano adesso ambienti investigativi, non è stato asportato, al contrario da quanto sostenuto in queste settimane, alcun organo interno. Da giorni si rincorrevano voci secondo cui alla ragazza sarebbe stato asportato il cuore o altro, e fatto sparire, come in un rito tribale o di affiliazione. Invece, a quanto pare, ciò non è avvenuto.

L'avvocato Gianfranco Borgani, legale di Desmond Lucky, ieri mattina ha spiegato ai giornalisti che il suo assistito «ha negato di essere stato in quella casa». E ha proseguito: «Ha detto che conosceva Innocent Oseghale, ma non Pamela». Ma la sua posizione resta al vaglio degli inquirenti, proprio perché le celle telefoniche, tra le 12 e le 18 del 30 gennaio scorso, giorno in cui la ragazza fu uccisa, agganciarono le utenze dei cellulari dei tre accusati. Ciò prova che i tre uomini fossero nell'appartamento di via Spalato in cui la 18enne fu uccisa.

Per Desmond, oltre al concorso in omicidio, si sospetta anche lo spaccio di una dose di eroina, quella che sarebbe stata iniettata nel braccio di Pamela. C'è un quarto indagato, che però ha una posizione marginale e che starebbe collaborando con gli inquirenti, che ha spiegato che Innocent Oseghale quel giorno lo avrebbe chiamato per informarlo che Pamela stava male e per chiedergli aiuto, ma lui si sarebbe rifiutato di dargli una mano.

Il suo avvocato, Paolo Cognini, ha chiarito che il nigeriano «ha cooperato sin dall'inizio con gli inquirenti, rispondendo alle loro domande». Il movente del delitto resta tuttora un mistero. Esclusa, come detto, l'ipotesi di riti vodoo, che non troverebbe alcun fondamento, anche se in Nigeria la pratica è molto diffusa.

Ma c'è anche chi avanza sospetti sul passato dei tre nigeriani. «Che siano legati a Boko Haram, l'organizzazione terroristica jihadista sunnita diffusa nel nord di quel Paese?», si chiede qualcuno. Oltretutto, in Italia sta crescendo la diffusione della mafia nigeriana, dedita allo spaccio di eroina e al traffico di prostitute (basti ricordare l'operazione Boga della Guardia di Finanza) e che collabora con la criminalità organizzata, soprattutto al sud. Certo è che il passato dei tre è al vaglio degli inquirenti. Di Oseghale si sa che prima di arrivare in Italia faceva il decoratore per una ditta di costruzioni di Doha, di Desmond che stava partecipando a un progetto d'accoglienza e che era ospite dell'associazione Perigeo. Viene da Benin City, nell'Edo State, ma per un periodo aveva vissuto a Kaduna, per poi partire alla volta dell'Italia a bordo di un barcone. Si apprende, peraltro, che l'uomo viveva insieme a uno dei feriti nella sparatoria messa in atto da Luca Traini. A salvare la vita all'uomo originario del Mali e di nome Mohamed Touré, sono stati due uomini della squadra antidroga della Polizia di Stato, uno dei quali è il responsabile. Due facce della stessa medaglia di una città, Macerata, in cui gli agenti impegnati a disinnescare la «bomba» stupefacenti, laddove necessario, si mettono anche a disposizione della collettività. Quanto ad Awelima Lucky, anche lui è, come l'altro accusato, richiedente asilo. Arrivò in Italia nel 2016, sbarcando ad Augusta dopo essere stato recuperato da una carretta del mare.

Non resta che attendere i risultati degli esami medico legali e del Ris dei carabinieri.

Risultati per i quali, purtroppo, occorrono ancora alcuni giorni e che serviranno ad accertare le responsabilità di chi ha ucciso, a questo punto pare appurato con due coltellate al fegato, la giovane Pamela.

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