
Un selfie su Instagram per immortalare l'incontro: «Con un nuovo grande amico», scrive Emmanuel Macron sul profilo ufficiale piazzandosi davanti al cellulare e lasciando dietro di sé Friederich Merz. La musica dei Coldplay a corredo, e poi? Distanze che restano, tra Parigi e Berlino, dopo la parabola dell'ex cancelliere Scholz. Due leader oggi politicamente dimezzati - il primo sul nascere, l'altro logorato da otto anni di regno - ieri hanno lanciato messaggi d'insieme sulla difesa comune e sulla guerra in Ucraina per riattivare il motore.
Mentre la Russia si appresta a mostrare i muscoli domani per gli 80 anni della vittoria sovietica sulla Germania nazista, Macron ha annunciato un «consiglio di sicurezza» franco-tedesco che si riunirà «regolarmente». Da concretizzare in tandem con Berlino con «programmi di innovazione della difesa necessari per la guerra di domani». Merz ha aperto nuovamente all'ipotesi di invio di missili Taurus a Kiev, negati dal predecessore.
Tra i due leader, l'uno liberale e l'altro conservatore appoggiato da socialdemocratici ma già messo in discussione da frange della sua stessa Cdu, la convergenza strategica è tutta in divenire. Aldilà degli slogan, l'ipotesi di scudo nucleare d'Oltralpe da condividere con gli alleati Ue non è decollata ieri all'Eliseo. Merz ha ricordato di voler sondare anche le capacità di Londra e sarebbe comunque un «complemento» a quanto già garantito da Washington in ambito Nato. Se ne parlerà in un neo formato 3+3 con i due leader e i loro ministri di Esteri e Difesa, senza gli alleati Ue. Merz ha confermato l'intenzione di visitare Kiev, puntando a un cessate il fuoco duraturo da tutelare con eventuali truppe. Per il neo cancelliere, è auspicabile un impegno degli Stati Uniti e che gli sforzi diplomatici di Trump vadano sostenuti. Restano le ruggini nei confronti del vice Vance, che in piena campagna elettorale ha sostenuto l'estrema destra Afd.
All'indomani della storica impasse al primo voto del Bundestag, dove Merz ha ottenuto la «corona» solo al secondo voto con una delle maggioranze più risicate dal 1945, il cancelliere ha sposato l'obiettivo dell'Eliseo di dare all'Ue maggior autonomia dagli Usa. Berlino a marzo ha allentato la regola del freno al debito che limitava la capacità tedesca di spesa militare, avviata verso i 60 miliardi, facendo gongolare Macron. Ma neppure con Merz la Germania è pronta ad accettare Eurobond, sostenuti da una Francia che spera in acquisti di armamenti Made in Europe (e in France) diminuendo drasticamente quelli dagli Usa. Il «motore» ieri è stato insomma solo «oliato». Con nuovi corsi da Berlino anche sull'immigrazione: il neo ministro dell'Interno tedesco ha annunciato che la polizia sarà autorizzata a respingere ai confini anche i richiedenti asilo.
Per gli sherpa, si punterà «a contenere le divergenze» tra Parigi e Berlino. La Francia punta sugli antenati ugonotti del cancelliere: un nonno si chiamava Savigny e Merz da ragazzo ha pure partecipato a uno scambio scolastico in Alvernia, ispirato da un passato in cui il motore accelerava la crescita dei due Paesi. Alla guida c'erano però Mitterrand e Kohl.
I due «eredi», oltre alla difficoltà di un Macron con popolarità scesa al 26%, hanno posizioni diverse pure sul Mercosur: «Accordi commerciali se proteggono i produttori europei», la linea francese; critica sul sì al libero scambio con il Sudamerica. Per Merz, urge invece ratificare l'intesa Ue. Restano i sorrisi in camera. Tappeto rosso ieri a Parigi anche per Damasco. Macron primo leader occidentale a ricevere al Jolani.
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