Mafia, stampa, tv: i casi celebri trattati dalla Cedu

Da Contrada a Ricci di «Striscia la notizia», quanti ricorsi contro le sentenze nazionali

nostro inviato a Strasburgo

Dal superpoliziotto Contrada ad Antonio Ricci di Striscia la notizia. La Corte di Strasburgo è intervenuta spesso su temi e personaggi di rilievo dell'attualità italiana. I casi più numerosi, almeno nel passato, hanno riguardato due tradizionali pecche del sistema giudiziario del nostro Paese (sesto per casi pendenti dopo Ucraina, Turchia, Ungheria, Russia e Romania): il sovraffollamento delle carceri e l'eccessiva lunghezza dei processi. Le sentenze della Cedu hanno portato all'approvazione della cosiddetta legge Pinto che prevede il diritto di richiedere un risarcimento per il danno subito per l'irragionevole durata dei procedimenti (anche questa legge è stata però oggetto di numerosi ricorsi) .

Nel 2015 è arrivata la sanzione al nostro Paese per la pena inflitta a Bruno Contrada, ex capo della squadra mobile di Palermo e numero tre del Sisde, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Il principio violato, secondo Strasburgo, era quello dell'irretroattività della pena: le condotte sotto accusa erano precedenti all'elaborazione giurisprudenziale della figura di reato. Del 2014 è invece la pronuncia contro l'Italia per il processo e la multa Consob affibbiata a Franco Grande Stevens, Gianluigi Gabetti e Virgilio Marrone per la vicenda dell'«equity swap Fiat». Pochi giorni fa, invece, a essere sconfitto è stato Marco Travaglio: era stato condannato per diffamazione ai danni di Cesare Previti e aveva fatto ricorso. La Corte gli ha dato torto.

Quanto ad Antonio Ricci, Striscia la Notizia aveva divulgato un fuori

onda tra il filosofo Gianni Vattimo e lo scrittore Aldo Busi. Su richiesta della Rai era stato processato e condannato. Per la Corte, i magistrati italiani hanno violato il principio di libera espressione del pensiero.

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