Era il 24 aprile, un venerdì. L'Italia era ancora chiusa, terrorizzata, ciascuno rintanato nella propria casa a pettinare le proprie ansie, anche se già si parlava di riaprire qualche pezzo di vita, perché i numeri stavano pian piano calando. Quel giorno il bollettino delle 18 - all'epoca ancora trasmesso da tutte le tv e guardato come l'oracolo - registrava 3.021 nuovi contagi.
Ieri i contagi sul pallottoliere della paura sono stati 2.548. Ed era proprio da quel 24 aprile che non se ne contavano tanti. Centosessanta giorni fa. Un dato che un po' d'ansia la mette. La curva del contagio assomiglia sempre di più a una U, una inversione che ci sta portando su strade pericolose. Anche se va detto che quel 24 aprile gli altri dati erano molto più dolorosi. I morti di giornata erano stati 420, e ieri 24, i ricoverati in terapia intensiva 2.173 (e ieri 291), i ricoverati complessivi 24.241 (e ieri 3.388). E anche il confronto dei tamponi è significativo: quel giorno erano stati 62.447 e ieri 118.236, nuovo record assoluto per una sola giornata.
Insomma, un balzo che fa riflettere ma non fa paura. Anche se c'è un aumento secco rispetto ai 1.851 nuovi contagi di mercoledì. Anche se il tasso di positività malgrado il record di tamponi torna dopo un bel po' di tempo a superare il 2 per cento (per l'esattezza 2,15). E anche se la distribuzione dei nuovi contagi mette un circoletto rosso attorno ad alcune regioni. A partire dalla Campania che fa registrare il secondo maggior numero di nuovi contagi (390) a fronte di pochi tamponi, 8.311, il che produce un indice di positività del 4,69. davanti c'è solo il Veneto con 445 nuovi contagi ma un più elevato numero di tamponi, 18.274, che produce un indice di positività non troppo lontano dalla media nazionale (2,43). Seguono Lombardia 324 casi (ma con 24.691 test effettuati) e il Lazio con 265. Lazio che peraltro si appresta a reintrodurre l'obbligo d indossare la mascherina anche all'aperto. «Verificheremo, è in corso una riunione per decidere», ammette il governatore Nicola Zingaretti.
Tra le regioni che preoccupano anche il già citato Veneto, dove nella sola provincia di Treviso ci sono stati 129 contagi, la gran parte dei quali tra i richiedenti asilo confinati nella caserma Zanusso. La seconda provincia più colpita quella di Venezia (78 nuovi casi) con un focolaio importante in una azienda navale dove opera una comunità di stranieri.
Il boom di contagi «purtroppo rientra in una tendenza attesa. I contagi stanno crescendo in tutta Europa, e da noi assistiamo a una diffusione entropica, sparsa su tutto il territorio e a prevalenza intrafamigliare», avverte il virologo Fabrizio Pregliasco, secondo cui questi numeri «sono probabilmente già legati all'effetto dell'apertura delle scuole, anche se su questo avremo dati più attendibili nelle prossime due settimane. Ora c'è soprattutto la diffusione in famiglia, tra persone che si conoscono, ed è evidente il ruolo degli asintomatici nel contagio». L'aumento è certificato, su base settimanale, anche dal report dell'agenzia indipendente Gimbe, secondo cui tra il 23 e il 29 settembre c'è stato un incremento, rispetto alla precedente, dei nuovi casi (da 10.907 a 12.114) a fronte di un lieve aumento dei tamponi effettuati, passati da 385.324 a 394.396).
E torna a farsi sentire anche l'epidemiologo Roberto Burioni, del San Raffaele, che su twitter avverte: «Le cose cominciano a mettersi peggio. Vi prego, state attenti, mantenete le distanze, portate le mascherine, evitate luoghi affollati al chiuso, lavatevi le mani. Il virus è lì fuori, infettivo e nocivo come nella scorsa primavera. Dipende tutto da noi».
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