Mentre la partita del Quirinale entra nel vivo una volta andate in archivio le prime tre votazioni che richiedono la maggioranza dei due terzi dei grandi elettori, a margine delle trattative e dell'andamento del toto-nomi per l'elezione del prossimo capo dello Stato si profila un inedito asse nel nome del presidenzialismo.
Da un lato Giorgia Meloni, tutto fuorché una sorpresa, che con i suoi Fratelli d'Italia è da tempo per l'elezione diretta dell'inquilino del Colle, e che anche ieri, lamentandosi per «lo stallo al quale si sta assistendo in questi giorni», ha indicato la sua ricetta per risparmiarsi, la prossima volta, questo «insulto agli italiani», ribadendo appunto che «il presidente della Repubblica dovrebbe essere eletto direttamente dal popolo».
Più sorprendente il suo compagno di strada per l'occasione, ossia quel Matteo Renzi che in questi giorni si è più volte lamentato delle schermaglie e delle strategie intorno allo stallo sul Quirinale. E che ieri è andato anche oltre, augurandosi che «questa sia l'ultima volta di questi catafalchi, di queste schede bianche», e che insomma sia l'ultimo giro «che si elegge un presidente della Repubblica in questo modo». Anche per Renzi, dunque, i tempi sarebbero maturi per passare «al presidenzialismo o semipresidenzialismo, cioè l'elezione diretta dei cittadini», riaprendo «il tema delle riforme costituzionali», una pagina a dir poco delicata per il leader di Italia Viva che, sulla sua riforma bocciata dagli italiani al referendum, cinque anni fa si è giocato la poltrona di Palazzo Chigi.
Ecco dunque la strana coppia Renzi-Meloni alle prese con un piano B per il futuro del Quirinale. Ma va detto che se il presidenzialismo è un chiodo fisso di Fdi e della sua leader, anche Renzi aveva già aperto all'opzione, parlandone apertamente nel suo libro «La mossa del cavallo», uscito a giugno di due anni fa. Lì il senatore fiorentino, proprio a proposito del tema della «Grande riforma», spiegava di vederla declinata non più nella riduzione del numero dei parlamentari bensì «prendendo il coraggio a due mani» e introducendo «l'elezione diretta del presidente della Repubblica o del presidente del Consiglio dei ministri», in modo «da avere alla guida del paese una figura legittimata dal voto popolare e non più da un passaggio parlamentare».
E Giorgia e Matteo non restano soli, visto che sempre ieri dice la sua alle agenzie anche il viceministro allo Sviluppo economico e senatore azzurro Gilberto Pichetto Fratin. Ricordando come «l'elezione diretta del Presidente della Repubblica» sia da sempre «una battaglia del presidente Silvio Berlusconi». Insomma, se i leader di Iv e di Fdi rompono gli indugi, ecco Pichetto ribadire che «noi di Forza Italia siamo da tempo a favore del presidenzialismo: bisogna dare ai cittadini il diritto di scelta», aggiungendo che «si tratta di una riforma istituzionale non più rimandabile». Sul tema, insomma, la convergenza di Renzi rende la partita interessante, anche perché, da tempo, pure l'altro Matteo, il leader del Carroccio Salvini, ha simpatie presidenzialiste. Insomma, l'asse potrebbe contare sul centrodestra «allargato» a Iv.
E non va dimenticato che l'elezione diretta del presidente della Repubblica piace pure alla maggioranza degli italiani. La vorrebbero, secondo quanto affermato pochi giorni fa sulla Stampa dalla sondaggista Alessandra Ghisleri, almeno il 70 per cento degli elettori.
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