Cronache

Mai porre limiti Così la ricerca ci migliora la vita

Mai porre limiti Così la ricerca ci migliora la vita

Ogni volta che si parla di clonazione, salta fuori lo spauracchio della clonazione umana e dei limiti che dovrebbe avere la scienza. Con molti fraintendimenti. Nel 1997, quando venne clonata la pecora Dolly, Der Spiegel mise in copertina una parta di tanti Hitler, Einstein e Claudie Schiffer, come se il futuro sarebbe stato pieno di replicanti. Oggi è il turno di due macachi clonati dai cinesi, e la domanda apocalittica è la solita: dove arriveremo? A mio avviso sempre in un punto migliore di dove siamo ora.

Tanto per cominciare un clone non è un zombi, piuttosto non è altro che un gemello monozigote nato in un momento diverso. Detta così fa già meno paura. Occorre anche sfatare un altro mito: clonare un essere vivente non significa farne una copia identica, soprattutto nel caso in cui, per ipotesi, un giorno fosse clonata una persona. Se clonassimo Einstein non otterremo un futuro Einstein in grado di riscrivere la relatività, perché le sue strutture cerebrali, frutto in parte del Dna, in parte dell'ambiente e delle esperienze, sarebbero diverse.

Se clonassi me stesso, otterrei semplicemente un mio gemello, che crescendo penserebbe cose differenti dalle mie, magari sarebbe perfino grillino o un elettore di Liberi e uguali o un fervente cattolico. Nel romanzo di Michel Houllebecq La possibilità di un'isola il mondo è popolato da cloni che però devono scrivere continuamente quello che vivono per trasmetterlo ai cloni successivi, persone differenti dall'originale.

Tuttavia, regolarmente c'è sempre qualcuno, quando ci sono di mezzo i geni, che coglie la palla al balzo per parlare di eugenetica, magari rifacendosi a quella nazista. La scienza, secondo costoro, non dovrebbe neppure manipolare gli organismi, come accade con gli Ogm, un atteggiamento che nasconde un'essenzialismo di tipo metafisico. Come se una pera fosse sempre stata una pera, una gallina sempre una gallina, mentre in natura non è così. La vita è un processo di manipolazioni genetiche casuali e selezione naturale che dura da quattro miliardi di anni. Se infatti manipolando geneticamente una pianta di mais riesco a produrne una con meno tossine rispetto a quella naturale (eh sì, anche ciò che chiamiamo «naturale» non è di per sé sempre salutare) dove sarebbe il male? Idem se, manipolando il genoma umano, saremo in grado di eliminare i geni di molte malattie, dai tumori alle patologie cardiache ereditarie, e perché dovremmo preferire un Dna naturale imperfetto a uno artificiale ma reso perfetto dall'uomo? Ma tornando alla clonazione, c'è chi paventa che esperimenti del genere possano portare l'uomo all'immortalità.

Magari, per quanto mi riguarda altro che mettere limiti alla scienza, spero solo che facciano in fretta.

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