Guerra in Ucraina

"Mai visto nulla di simile. Servono sacchi per i corpi"

Il direttore operativo della Croce Rossa: tanta disperazione neanche in Africa o in Kurdistan

"Mai visto nulla di simile. Servono sacchi per i corpi"

«Questa è gente completamente disorientata che sta scappando dalla guerra non per la fame, ma per salvarsi la vita. E spera prima o poi di tornare nel proprio Paese che lascia con grande sofferenza». Ignazio Schintu, direttore Area operazioni emergenze e soccorsi della Croce rossa italiana è reduce da una missione in Ucraina. Dopo 48 ore di guida ininterrotta ha raggiunto, con il suo team e quattro tir, Chernivtsi, al confine con la Polonia per consegnare nel polo logistico gestito dalla Cri ucraina, beni di prima necessità, kit di emergenza. Domani dall'Italia arriveranno altri due tir con vestiario invernale, cibo per bambini e per animali, con medicine ma anche con sacchi per le salme. «Ce le hanno chiesti, del resto siamo in guerra la gente si ammazza, la gente muore».

Direttore l'immagine che l'ha colpita di più in questo viaggio?

«Le barricate e le code silenziose di donne e bambini che si allungavano sotto la neve e - 7 gradi. Nei loro occhi traspariva la disperazione e la drammaticità del momento. In migliaia vogliono raggiungere la Polonia per aggrapparsi alla nuova libertà anche se temono che una volta usciti dal paese potrebbe essere difficile rientrare. Stanno lasciando i loro cari, la loro vita, perderanno tutto».

Ha mai visto scene del genere nella sua carriera?

«No. In trent'anni ne ho viste di cose brutte nelle missioni nel Kurdistan iracheno, in Africa, in Indonesia, ho contato tanti profughi fuggire dalla miseria, qui però ci sono milioni di persone che scappano non per problemi economici, ma per salvarsi la vita. E questa tragedia si sta consumando nel cuore dell'Europa. A questo non eravamo abituati neanche noi».

Sono già due milioni i rifugiati usciti dall'Ucraina, tra cui un milione di bambini. È un numero destinato a crescere?

«Se il conflitto non si fermerà è probabile che si raggiungano i 5 milioni come stimato. Non basta una tregua armata per convincere questa gente a rimanere nella propria terra, a sperare. Serve la fine della guerra. Altrimenti sarà inarrestabile la processione di donne, bambini e anziani».

Quanti ucraini potrebbero arrivare nel nostro paese?

«Circa 800mila dicono le stime più accreditate. E bisognerà organizzare un'accoglienza pianificata. Ci sono tanti privati che si presentano ai confini con le auto per accogliere i profughi ma è una goccia in mezzo al mare. E non possiamo improvvisarci tutti soccorritori. Serve logistica e seria programmazione».

Ma noi italiani come possiamo aiutare?

«Facendo donazioni alla Croce Rossa. Fino ad ora abbiamo raggiunto oltre due milioni di euro grazie al buon cuore degli italiani. Gli abiti smessi o tre pacchi di aspirine paradossalmente complicano la distribuzione. Le donazioni posso essere veicolate in modo mirato».

Per esempio?

«Noi carichiamo tir a seconda delle necessità che ci segnalano le unità sparse in tutta l'Ucraina. Ora stiamo stipando lampadine, taniche per la benzina, sacchi a pelo, cibo per bambini e animali. Portare materiale che non serve è uno spreco».

Le aziende italiane sono generose?

«Sono molto attive. Dall'Ucraina chiedono determinate prodotti, il nostro ufficio donazioni si mette in contatto con le aziende e ci arriva quello che serve».

Quali sono i tempi per risollevare l'Ucraina?

«Ci vorranno anni. E' come dopo un terremoto. Servirà la ricostruzione, come nei paesi della Jugoslavia.

E' una fase che va programmata e le donazioni serviranno anche a ricostruire asili, scuole e a riconsegnare la normalità al suo popolo».

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