Luigi di Maio non si fida più dei gruppi parlamentari. E vuole una Stasi (la principale organizzazione di sicurezza e spionaggio della Germania dell'Est) grillina per scovare deputati e senatori ribelli. Nel primo incontro (domenica 15 dicembre al Tempio di Adriano di Roma) a porte chiuse con i facilitatori, il ministro degli Esteri consegna un messaggio: «Aiutatemi a beccare i traditori. Segnalatemi i parlamentari riottosi». Più che una strategia di rilancio del Movimento, Di Maio assegna ai facilitatori (più della metà sono fedelissimi e arrivano dalla Campania) un altro compito: monitorare, controllare, e seguire presunti ribelli. Realizzare report settimanali. Raccogliere gli sfoghi dei dissidenti. Con l'obiettivo di anticipare le punizioni. E dunque le espulsioni. Il team del futuro, la struttura che dovrà affiancare il capo politico dei Cinque stelle nella nuova fase del Movimento, rischia di trasformarsi in un Grande Fratello: un gruppo di spie a caccia di ribelli. La priorità per Di Maio non è fermare l'emorragia di parlamentari tra Palazzo Madama e Montecitorio. Ma mettere alla porta i contestatori. Oggi è in programma il secondo vertice tra Di Maio e i 18 facilitatori che costituiscono la nuova organizzazione del Movimento. L'appuntamento è a Roma. Pranzo e pomeriggio insieme, sarebbe il programma. Ma il luogo, ad ora, resta top secret. Una riunione per fare un primo bilancio sull'attività investigativa dei facilitatori. Mentre a gennaio saranno scelti i facilitatori regionali. Più viene meno il controllo sulla pattuglia parlamentare, più si indebolisce la leadership di Di Maio.
I sospetti sono indirizzati verso i cosiddetti «contiani», senatori e parlamentari vicini al premier Giuseppe Conte. Ispiratore (al netto della smentita di ieri) del gruppo è il parlamentare Giorgio Trizzino: il promotore del documento anti-Di Maio. La Stasi grillina dovrà braccare il dissidente. La caccia agli infedeli è iniziata. A Palazzo Madama sotto la lente d'ingrandimento c'è Gianluigi Paragone. Anche in quest'ultimo caso il senatore ha smentito. Ma ormai non c'è più alcun mistero della guerra in atto contro Di Maio. Contro Paragone è stata attivata la procedura di espulsione. Ma c'è chi lo vorrebbe già fuori: «Paragone non ha fatto nulla in Parlamento in questi anni: faccia il suo lavoro, come facciamo noi. Se ha ancora tutti questi problemi col Movimento si dimetta, perché non si può stare dentro una casa e parlarne male» commenta Alessio Villarosa, sottosegretario all'Economia, ai microfoni di Fanpage.it. Il problema non è Paragone, ma i senatori che appogiano la linea critica contro la guida di Di Maio. Circolano i nomi di Emanuele Dessì, Dino Mininno e Luigi Di Marzio. Le spie di Di Maio dovranno scoprire quanti tramano contro il Movimento. Che si navighi ormai a vista nel Movimento lo conferma anche l'ex ministro dc, Enzo Scotti, padrino politico del ministro degli Esteri: «La crisi dei M5S? Tutto si può recuperare. Devono recuperare credibilità. Io non li ho votati, alle Politiche ho votato il Pd. Alle Europee ho cambiato, c'era una scelta europea forte».
E altri guai per Di Maio arrivano del Nord: una fronda lombarda contesta la selezione dei facilitatori. Nel mirino è finito lo sconosciuto Gennaro Saiello, consigliere regionale della Campania. Qual è il suo merito? Abitare a pochi metri da Di Maio.
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