Il gioco di prestigio di bloccare per finta la Tav, cambiando solo nome ai bandi grazie al cavillo dell'avvocato Conte, sembra riuscito. L'elettorato M5s non si fa troppe domande, ubbidisce alla versione ufficiale propagandata dai vertici e applaude i suoi eroi che sostengono di aver rispettato i sacri impegni no Tav, anche se è una messinscena. Di Maio, accolto ad un evento dall'associazione di Casaleggio a Milano, si intesta la supercazzola e anzi la ribadisce. Ma quindi alla fine si farà la Torino-Lione? «Tutto ciò che dobbiamo affrontare nei prossimi mesi lo affronteremo, non lo rimanderemo». In parole più semplici? «Quello che c'è scritto nel contratto, poi vedrete nei prossimi giorni». Ma insomma alla fine chi ha vinto il braccio di ferro tra voi e la Lega? «Non è una partita di calcio. Qui stiamo parlando di governare un Paese, quindi basta col folclore, con chi ha vinto e con chi ha perso». Inutile cercare risposte meno fumose, è tanto bello fare i ministri, non rovinategli l'incantesimo. Di Maio ha fretta di archiviare lo scontro con la Lega e la sfiorata crisi di governo. Non nomina la Tav, si è ripromesso di non parlarne più «dopo due giorni non semplici» ammette. Ma la linea è: facciamo dimenticare questa pagina al più presto, poi dopo le elezioni si vedrà cosa fare, intanto parliamo d'altro.
Il capo politico del M5s infatti è visibilmente infastidito dal pressing dei cronisti sui contrasti con la Lega a proposito della Tav. Spiega Di Maio che i giornalisti non dovrebbero indagare sulle tensioni nel governo perché così spaventano la gente, mentre «l'obiettivo del M5s è dare tranquillità al Paese», assicura. «Il dibattito pubblico su questo governo si fonda sul fatto che non bisogna dare tranquillità al Paese (applausi). Ogni giorno c'è una notizia che non vi fa stare tranquilli. Ma non funziona più terrorizzare sui provvedimenti». L'informazione come tisana della sera. Salvo subito dopo, però, confermare esattamente le scintille nell'esecutivo, accusando Salvini di «alimentare questo senso di instabilità del Paese», perché «se dall'altra parte (la Lega, ndr) c'è uno che dice andiamo fino in fondo, vediamo chi ha la testa più dura, io dico che questo è folklore pensiamo alle cose serie e lavoriamo sulle cose serie» (ancora applausi). L'unica certezza in tanta confusione è che Di Maio, come pure Salvini, vuole stare al governo «altri 4 anni» dice.
Sulle infrastrutture non è avaro di frasi fatte, modello seminario della Casaleggio Associati: «Le infrastrutture le dobbiamo fare: grandi, medie e piccole, e sia digitali che fisiche. Con Toninelli dobbiamo incontrare tutti i Presidenti di Regione e vedere quali sono i punti critici per sbloccare le opere». Fuffa, supercazzole a gogo, sintomo evidente di difficoltà.
Infatti quando gli si chiede sul concreto cosa fare con la Tav quando scadrà tra sei mesi il termine ultimo per il via libera, torna l'omertà: «In questo momento non vedo quale sia il dibattito su tema Tav, c'è un contratto di governo che parla chiaramente». Il contratto M5s-Lega dice «ci impegniamo a ridiscutere integralmente il progetto». Ma con tranquillità sennò il Paese si agita.
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