Di Maio prova a salvarsi «L'aumento dello spread tutta colpa dei giornali»

Il vicepremier vuole scaricare sulla stampa i danni della manovra: «Ci fanno la guerra»

«Terrorismo mediatico». La stampa che dissente dal governo è paragonata all'eversione. Luigi Di Maio viene spesso bersagliato sul web perché usa impropriamente i congiuntivi e non mostra molta confidenza con le coniugazioni. A quanto pare però il vicepremier a digiuno di grammatica invece conosce bene il linguaggio della propaganda che si nutre anche del mito del complotto. Ed espone anche la sua teoria sul perché non ci sia lui al posto di Conte, a palazzo Chigi. «Forse mi sono giocato il mio ruolo di presidente del Consiglio» perché «non mi sono seduto al tavolo con Berlusconi, durante le trattative» per la formazione del governo dice a Non è l'Arena su La7.

Ma durante la giornata, l'attenzione del vicepremier grillino è tutta concentrata sugli effetti dell'annuncio dei provvedimenti contenuti nel Def. Piazza Affari è crollata e lo spread è salito. Ma, assicura il ministro dello Sviluppo Economico, la sfiducia dei mercati, il timore degli investitori non dipende dalle decisioni del governo ma dalle bieche macchinazioni dell'opposizione. «Pd e Forza Italia non riescono a fare un'opposizione politica e quindi con i loro giornali creano terrorismo mediatico per far schizzare lo spread sperando in un altro colpo di stato finanziario - scrive disinvoltamente Di Maio sul Blog delle Stelle -. Pd e Fi sono degli irresponsabili nemici dell'Italia. Ma nonostante il loro cinico impegno, lo spread non è schizzato perché gli investitori tutto questo lo sanno».

Dunque dopo aver affermato che il Pd è alla frutta e Forza Italia è finita, ora si denuncia che sarebbero in grado di far alzare lo spread con le loro critiche. Di Maio sta costruendo un teorema: pur essendo i Cinquestelle al governo, se le cose andranno male sarà responsabilità dell'opposizione. I nemici sono i giornalisti che non parlano bene del governo. E Di Maio li indica con precisione, citando uno per uno i titoli sgraditi. Quelli del Corriere della Sera: «La perfetta manovra maldestra»; di Repubblica «Mattarella, primo stop al governo». E naturalmente anche del Giornale: «La tassa di cittadinanza». Giornali, accusa di Maio, che «hanno dichiarato guerra alla Manovra del Popolo».

Il vicepremier ricorda che il Pd nel 2014 ha fissato il deficit al 3, nel 2015 al 2,6, nel 2016 al 2,5, nel 2017 al 2,4 e l'anno scorso al 2 eppure, prosegue, «nessuno ha mai fiatato nonostante questo deficit non sia servito a nulla perché i governi del Pd non hanno fatto deficit per i cittadini, ma per i loro interessi e mancette elettorali». Anche negli anni appena trascorsi «il debito pubblico è aumentato e la ricchezza degli italiani è diminuita». Dunque avverte Di Maio «cca nisciun è fesso», nessuno ha diritto di venire a dire al governo come deve spendere i soldi. Il vicepremier torna ad attaccare pure i tecnici, indicati come l'altro nemico del popolo: «Noi abbiamo messo al primo posto l'interesse dei comuni cittadini, andando a intaccare gli interessi di partito che ormai restano difesi soltanto dai tecnocrati piazzati dai partiti all'interno dei ministeri».

Ma è evidente che l'incognita della riapertura dei mercati preoccupa i grillini.

E su Facebook Di Maio riappare indossando un'immacolata camicia bianca per ricordare che usufruiranno delle misure della manovra anche quelli che sono scesi in piazza con il Pd, reo di aver varato «la voluntary disclosure, per far rientrare dall'estero «i capitali di mafiosi e corrotti per fare cassa».

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