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Malumori contro la Schlein. Bonaccini pronto alla conta

Il voto sui capigruppo si profila incandescente. In pole Braga (in quota Franceschini) e Boccia

Malumori contro la Schlein. Bonaccini pronto alla conta

Ve lo ricordate Vincenzo Visco, già ministro delle Finanze castiga-evasori nei governi di centrosinistra, ed economista politicamente vicino a Massimo D'Alema?

È pronto a tornare nel Pd, che non frequentava più da anni in quanto lo trovava un partito troppo (non ridete) reaganiano. Dice proprio così: «L'aver abbracciato, su lavoro e politiche fiscali, una prospettiva culturale che ha origine negli anni del thatcherismo e del reaganismo è uno dei motivi per cui sono uscito dal Partito democratico, ora è probabile che con la nuova segretaria possa rientrare». Non si ferma dunque l'afflusso di energie fresche scaturito dalla elezione a sorpresa di Elly Schlein: «Ci manca solo che torni Armando Cossutta, ma purtroppo è defunto», borbotta un colonnello dell'area riformista, ormai spinta ai margini dalla new wave del Nazareno.

«New» fino a un certo punto: Visco (e Cossutta) a parte, la vittoria schleiniana non sembra aver proprio terremotato il potere dei famosi «cacicchi», cui la leader aveva dichiarato di voler fare la guerra. Basta vedere chi saranno i nuovi capigruppo, su cui si andrà alla conta martedì (con la minoranza di Stefano Bonaccini che per ora sta sulle barricate): alla Camera arriverà la lombarda Chiara Braga (Area Dem); al Senato il pugliese ex montian-lettiano, ora molto movimentista e di sinistra Francesco Boccia. In pratica la prima è benedetta da Dario Franceschini, sponsor della scesa in campo di Elly, il secondo da Michele Emiliano. Il quale, certo, si era ufficialmente schierato al congresso con Stefano Bonaccini (in cambio della promessa di un posto da capolista alle prossime elezioni europee, in modo da poter mollare la proprio destino la sua malconcia Regione) ma aveva strategicamente piazzato diversi dei suoi a fianco di Schlein. Ora è ovviamente passato anche lui con la nuova segretaria, e con ogni probabilità avrà comunque il posto da capolista. Così come viene data in rapido movimento dalla minoranza bonacciniana alla maggioranza schleiniana anche la corrente dell'ex segretario Enrico Letta, capitanata da Marco Meloni.

La transumanza verso Schlein è dunque in pieno corso, come da copione. E la neo-segretaria ieri (archiviata la fugace parentesi bruxellese con Stoltenberg e Sanna Marin) ha passato la giornata al telefono, chiamandosi uno a uno deputati e senatori, per fare scouting a favore dei due candidati capigruppo: si vota martedì, alla fine dell'assemblea dei gruppi, e a scrutinio segreto. Meglio evitare franchi tiratori. E soprattutto meglio evitare che si diffondano precoci malumori verso la nuova leader: questa settimana, nei corridoi del Parlamento, era tutto un ribollire di irritazione da parte dei suoi stessi supporter perché Elly «non parla con nessuno», «non si fida di nessuno» (salvo, dicono, di «Gaspare», fidato amico che però fa il matematico e di politica nessuno sa quanto mastichi, ma che era in avanscoperta a Montecitorio), non anticipa le proprie scelte. E per di più diserta sedute parlamentari importanti, come quella di martedì con

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