Reihan Salam è il presidente del Manhattan Institute, il principale think tank conservatore di New York. Collaboratore di The Atlantic e redattore di National Affairs e National Review, sostiene che "un conservatorismo che non parla alle città sarà emarginato", lo abbiamo intervistato sull'elezione di Zohran Mamdani a sindaco di New York.
Si aspettava la vittoria di Mamdani a sindaco di New York?
"Sì, già dalla vittoria alla nomination democratica. Il suo sfidante Cuomo è infatti una figura polarizzante con una lunga storia nella città di New York che ha ottenuto anche più voti di quanto ci si aspettasse. Sono state elezioni particolari con un'affluenza più alta del solito, Mamdani ha mobilitato sia un elettorato a suo favore sia chi si è recato a votare proprio perché era lui il candidato favorito".
La sua elezione è così rivoluzionaria come sostengono vari commentatori?
"Le ricette di Mamdani sono molto simili a quelle di Bill de Blasio con la differenza che de Blasio aveva più esperienza e non ha usato la retorica socialista. Mamdani rappresenta una combinazione di diverse posizioni ma si inserisce nell'anima socialista del Partito Democratico che si è sviluppata dal 2018 in poi con figure come Alexandra Ocasio-Cortez. La sua elezione è anche il risultato dell'impopolarità di Cuomo perché Mamdani appartiene a un'ala della sinistra radicale più da rivoluzione cubana o da Venezuela che da Stati Uniti, inoltre si oppone a Israele ed è legato all'attivismo pro Pal".
Qual è la composizione del suo elettorato? Chi ha votato per lui?
"Sono vari ambienti a cominciare da chi è colpito dal caro affitti e dalla crisi del settore immobiliare, in particolare per chi si è trasferito a New York da altri stati americani ed ha subito il costo della vita. Ci sono poi gli immigrati, soprattutto da Bangladesh, Pakistan, India, così come la working class. Non bisogna poi dimenticare l'elettorato giovanile, specie i giovani sotto i trent'anni che hanno visto in lui una figura nuova artefice del cambiamento contro Cuomo che rappresenta lo status quo".
Una delle principali problematiche di New York, oltre al tema del caro affitti, è la sicurezza, pensa che Mamdani riuscirà a risolvere questo problema?
"Sarà la sua sfida più difficile, Bill de Blasio era molto attento a questo tema ma Mandami non ha dedicato la stessa attenzione all'argomento che hanno avuto figure come Bloomberg o Rudy Giuliani. Prima ha fatto molti annunci radicali come tagliare i fondi alla polizia, poi ha cercato di cambiare mira in campagna elettorale ma a New York c'è il problema delle gang, della prostituzione, inoltre tagliare i fondi alla polizia vuol dire creare ingenti problemi anche ai social workers".
Il nuovo sindaco di New York può ambire ad avere un ruolo nazionale? È lui l'anti Trump?
"Il Partito repubblicano cercherà di farlo emergere come leader dei dem, è la loro preferenza viste le sue posizioni radicali ma i democratici potrebbero preferire figure più moderate come Spanberger e Sherrill, le due donne che hanno vinto le elezioni da
governatore in Virginia e New Jersey. A sinistra ci sono però molti giovani che sono attratti da Mamdani, dai suoi slogan e dalla sua comunicazione, lo vedo come una figura che ha successo nel breve termine ma non a lungo termine".