Fino a 10 giorni fa la famiglia Senesi era una famiglia felice. Poi in Ucraina è scoppiata la guerra e la loro è diventata una famiglia che sta vivendo, sulla propria pelle, l'orrore della guerra. Una famiglia italiana che le bombe hanno diviso: Cristian Senesi, 41 anni, bloccato qui, nel nostro Paese; la moglie Yana, 40 anni, con il figlio Alexander, 11 anni, bloccati lì, alla periferia di Kiev, in una casa di campagna posta proprio lungo la linea di fuoco dove i carri armati della resistenza ucraina e i tank degli invasori russi sparano per avere la meglio gli uni sugli altri. Yana e Alexander, dall'inizio del conflitto, sono fuggiti dalla loro casa a Kiev rifugiandosi in questa casa rurale a pochi chilometri dalla capitale, alle porte della cittadina di Bilohorodka. Mamma e figlio immaginavano che qui sarebbero stati più al sicuro, invece hanno finito col trovarsi al centro della tempesta perfetta. A separarli dalle esplosioni che sentono sempre più vicine, ci sono solo i muri della loro cantina-bunker dove i giorni trascorrono scanditi solo dal frastuono delle deflagrazioni. Ogni ora che passa, la situazione si fa più drammatica. L'energia elettrica va e viene, i viveri cominciano a scarseggiare, il freddo si fa sempre più pungente e, soprattutto, la paura che qualcosa di grave possa accadere da un momento all'altro è diventato un pensiero fisso. Che riempie le giornate di angoscia. Nella piccola casa di «frontiera» fra le truppe guerreggianti Yana, Alexander e le altre tre persone che vivono lì si danno coraggio reciprocamente. Qui in Italia, a soffrire a distanza, c'è Cristian che proprio il giorno prima dello scoppio della guerra sarebbe dovuto andare a Kiev per prendere moglie e figlio e tornare insieme in Italia. Ma poi la situazione è precipitata nel giro di poche ore i tre non hanno più potuto ricongiungersi. La famiglia Senesi vive infatti tra Italia e Ucraina per ragioni di lavoro legate all'attività professionale di Cristian che opera nel campo dell'alta sartoria artigianale. Luca Girimondo, il titolare dell'azienda per la quale opera Cristian, è anche un suo grande amico e questo legame speciale lo sta portando a fare di tutto per aiutare il proprio collaboratore a liberare Yana e Alexander dal bunker in cui si trovano.
«Ieri mia moglie ha recuperato qualche litro di benzina per l'auto che era rimasta col serbatoio a secco - racconta Cristian al Giornale -. La speranza è che riesca insieme con Alexander a raggiungere Kiev e da qui entrare in uno dei corridoi umanitari che li riportino in Italia. Fino ad oggi ci siamo illusi che dal nostro Paese qualcuno si ponesse il problema di andare a recuperare i connazionali rimasti bloccati in Ucraina. Ma la realtà, purtroppo, è diversa. Di aiuto ne abbiamo avuto poco o nulla». Dal tono di voce si capisce che Cristian vorrebbe dire cose ben più dure, ma la situazione è delicata e, saggiamente, sceglie di dosare le parole: «Il mio unico desiderio è tornare ad abbracciare al più presto mia moglie e mio figlio, sono due persone forti, ma lo stress a cui sono sottoposti non può essere sopportato a lungo». Cristian è preoccupato, ma non si scoraggia. In queste ore di angoscia rivede le foto di Yana e Alexander. Entrambi sempre al suo fianco. Sorridenti. A Kiev come a Milano.
In uno scatto dove il terzetto sembra l'immagine perfetta della serenità familiare, Alexander indossa una maglietta con l'effige di «Call of duty», un videogame di guerra molto in voga tra i ragazzi. Lui, a 11 anni, sta vivendo la brutta avventura di trovarsi al centro di una realtà che purtroppo non è un gioco. Ma con l'amore dei genitori dimenticherà tutto. O forse no.
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