Cronaca nera

Mamma e papà da Filippo: "Non sei solo"

Abbraccio e lacrime. Lui: "So che non potrete perdonarmi". Il padre di Giulia: "Parlerò al funerale"

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Un abbraccio. Quello tra genitori e figlio. Un gesto sentito e doloroso al tempo stesso, quando il sangue del tuo sangue ha ucciso una ragazza. Sono serviti otto giorni alla famiglia Turetta per riuscire a guardare negli occhi il figlio Filippo dopo il ritorno in Italia dalla Germania. Ma a tre settimane dall'assassinio di Giulia Cecchettin e a due dalla cattura del fuggitivo sull'autostrada tedesca, ieri nel carcere Montorio di Verona si è tenuto quell'incontro che il ragazzo aveva chiesto subito dopo essere stato riportato nel suo Paese. Mercoledì scorso i genitori non erano riusciti a varcare quella soglia: troppo atroce guardare negli occhi un figlio che ha appena confessato di aver massacrato l'ex fidanzata. Ci sono riusciti qualche ora dopo, nel silenzio di una domenica mattina di inizio dicembre.

È stato un colloquio difficile da interpretare e scandagliare, pieno di lacrime e pause, che per un'ora ha incollato alle sedie i tre componenti della famiglia. Poco dopo le 12 di ieri, non appena ha visto la madre Elisabetta e il padre Nicola nella sala colloqui del carcere il giovane gli è andato incontro e li ha abbracciati, poi i tre hanno parlato in una stanza «protetta» da orecchi indiscreti. «So che non potrete mai perdonarmi», ha detto Filippo; e quando i Turetta hanno lasciato il penitenziario lui è apparso sollevato: «Ha saputo di non essere stato abbandonato, di non essere solo», trapela dal Montorio. Un timore che lo stesso giovane killer aveva avanzato solo mercoledì scorso quando il primo colloquio era stato annullato. La stessa famiglia si era mostrata titubante ma nonostante l'orrore che per sempre proveranno, Elisabetta e Nicola hanno deciso di avere un contatto con lui. La vita del ragazzo in carcere scorre come quella di tutti gli altri detenuti: lenta, anonima, silenziosa. Sembra che il padre di Filippo, a fine incontro, abbia ringraziato le guardie in lacrime: «Grazie per prendervi cura di nostro figlio».

È dietro quelle sbarre che tra pochi giorni (il 18 dicembre) compirà 22 anni ed è lì che probabilmente terminerà gli studi in Ingegneria biomedica. Giulia, invece, non avrà altri compleanni e quella laurea non ha mai potuto festeggiarla.

Ai funerali della ragazza previsti domani nella basilica di Santa Giustina a Padova sono attese oltre 10mila persone: neanche l'antica chiesa riuscirà a contenere tutti e allora servirà l'antistante Prato della Valle, una delle più grandi piazze d'Europa, nella quale verranno installati maxischermi. A volere un addio ampio e partecipato è stato il padre di Giulia, Gino Cecchettin, «affinché arrivi un messaggio di grande partecipazione». E proprio al funerale l'uomo leggerà un testo che sta preparando: «Non sono bravo con le parole ma sto cercando di dire le cose al meglio perché rimanga un messaggio». Dopo l'imponente rito, celebrato dal vescovo di Padova Claudio Cipolla, la bara di Giulia si sposterà a poco più di 10 chilometri di distanza, a Saonara. Nel paese della mamma di Giulia (morta invece un anno fa) al quale la ragazza era ancora legata, dalle 14 si terrà un secondo momento di raccoglimento più intimo con amici e conoscenti della ragazza, prima della tumulazione nel cimitero cittadino, proprio vicino alla madre. «Il tuo sorriso il regalo più bello, il tuo amore un messaggio per il mondo», si legge sull'epigrafe di Giulia, ritratta sorridente e felice come amici e parenti la ricordano.

Intanto le indagini proseguono: dopo il 10 dicembre la Fiat Grande Punto di Turetta tornerà in Italia e le analisi sull'auto saranno decisive per ricostruire il delitto in ogni suo aspetto; tra i nodi ancora da sciogliere c'è l'ora è il luogo esatti in cui il ragazzo ha sferrato la coltellata letale all'arteria di Giulia.

Poi il processo per omicidio volontario potrà cominciare.

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