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Le mamme si alleano: "I nostri figli spariti Vittime di psico-sette"

Alessandro e Stefano non si conoscevano, ma i loro addii alle madri sono stati identici

Le mamme si alleano: "I nostri figli spariti Vittime di psico-sette"

Natascia, la mamma di Stefano Barilli, e Roberta, la mamma di Alessandro Venturelli, quell'ultimo abbraccio dei figli non lo dimenticano. Un abbraccio troppo «forte», troppo «stretto», per essere un saluto «normale». No, quello era un addio. Definitivo. E per queste due mamme-guerriere che combattono per rivedere i loro ragazzi, la chiave del giallo è proprio in quel gesto affettuoso, solo apparentemente banale.

Stefano, 23 anni, e Alessandro, 20 anni, non si conoscevano (uno è di Vicenza, l'altro di Sassuolo), ma hanno molte cose in comune. E la loro scomparsa presenta modalità troppo simili per essere casuali. Uguali i libri che leggevano negli ultimi tempi; uguali i pochi effetti personali con i quali si sono volatilizzati nel nulla (Alessandro dal 5 dicembre, Stefano dall'8 febbraio); uguale la volontà di lasciare a casa telefonini e pc, in modo da non poter essere localizzati; uguale anche l'abbigliamento «scuro» scelto per il giorno della fuga («Come se fosse una divisa», ipotizzano i genitori). Allontanamento volontario o «indotto»?

Le ricerche finora non hanno portato a nulla, se non a un video dove si vedono i due ragazzi incontrarsi alla stazione Centrale di Milano. Ma se non si conoscevano perché erano insieme? Qual è il misterioso filo invisibile che li lega? E questo filo è tenuto da qualcun altro?

Natascia e Roberta non hanno certezze, ma solo il sospetto incapsulato nella nebbia di una parola: psico-setta. Da quando i media hanno puntato i fari sul giallo di Alessandro e Stefano, le mamme si sono scambiate decine di telefonate. Ipotesi, lacrime, speranze, dubbi, paure. Poi la decisione di incontrasi. Tentando di fissare dei paletti sul terreno sabbioso della disperazione. E allora ecco tornare in mente il flash di quell'abbraccio-fotocopia. Lo stesso addio. Forse per uno stesso viaggio. Con destinazione ignota.

«Entrambi hanno un carattere influenzabile, con alle spalle momenti di crisi che però sembravano superati», raccontano i genitori. Giovani dall'«animo vulnerabile»: prede perfette per chi usa le debolezze psichiche come grimaldello per affari sporchi. In tal senso le competenze informatiche e finanziarie di Alessandro e Stefano (entrambi avevano di recente seguito corsi specifici) potrebbero far gola a organizzazioni senza scrupoli a caccia di individui mentalmente fragili e facili da plagiare. La magistratura che ha aperto un fascicolo non trascura questo filone.

I genitori non si danno pace: «Spesso ripetevano di sentirsi manipolati. Negli ultimi tempi leggevano strani libri su come potenziare le capacità mentali. E li sentivamo sempre più allontanarsi da noi».

La loro «famiglia» era forse diventata un'altra. È in questa nuova «casa» che bisogna cercarli.

Sperando che Alessandro e Stefano aprano la porta.

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