Manager in cella in Sudan "Salvatemi dall'inferno"

Zennaro al centro di un intrigo internazionale. Contro di lui anche l'"uomo forte" di Khartum

Accusato di aver frodato un rivenditore di impianti elettrici, ritrovato morto nel Nilo lo scorso 22 maggio. La vittima, Ayman Gallabi, non è un commerciante qualsiasi, ma rappresenta la società elettrica sudanese Sedc, guidata dal cognato del generale Mohammed Dagalo, vice presidente del governo di transizione di Khartum.

Sono questi gli elementi-chiave che hanno inguaiato seriamente Marco Zennaro, 46 anni: il manager veneziano in stato di fermo nel Paese africano ormai da 11 settimane. Nonostante i tanti giorni di trattative sul fronte diplomatico, ieri la situazione si è complicata col trasferimento dell'italiano nel carcere della capitale sudanese. Drammatica la testimonianza fatta pervenire ai familiari in cui Zennaro descrive una prigionia dai contorni terribili: «Sono rimasto 8 ore nel carcere del palazzo della Corte. Uno stanzino sottoterra al buio. Senz'acqua né gabinetto né modo di comunicare con l'esterno. Mi era stato detto che era per portarmi in albergo. Ma la Corte ha deciso il contrario: galera. Sono salito su una camionetta con altre 40 persone per un viaggio di 1 ora e mezzo nel traffico di Khartoum. Tutti ammassati. Un forno a 50 gradi». E poi: «Quando sono arrivato in carcere ho avuto paura, non sapevo cosa mi aspettasse. Nessuno sapeva nulla, non avevo il telefono e nessuno parlava inglese. Mi hanno fatto attraversare il settore dei detenuti per omicidio, spacciatori e criminali: un inferno di 700-800 corpi ammassati uno a ridosso dell'altro. Alla fine mi hanno messo nella sezione di reati penali con giustificazione finanziaria. Ci saranno 200 persone. Mi hanno preso in cura tutti i miei nuovi compagni perché hanno detto di aver visto un morto. Sono ostaggio di un sistema senza regole. Vi prego riportatemi a casa dalla mia famiglia».

La controversia giudiziaria che per Zennaro ha preso una piega preoccupante riguarda una partita di trasformatori elettrici che la ditta di Zennaro ha venduto al suo distributore locale, Ayman Gallabi, il quale però l'ha ritenuta «non conforme al contratto». Di qui il contenzioso contrattuale che ha portato l'imprenditore veneziano a fare in marzo un «viaggio chiarificatore» a Khartum; obiettivo: risolvere di persona la vertenza con soddisfazione di entrambe le parti.

Ma l'arrivo di Zennaro in Sudan si è invece subito trasformato in un incubo del quale ancora oggi non si vede la fine. E ciò nonostante Zennaro abbia versato un primo rimborso di 400 mila euro concordato con Gallabi.

Sembrava tutto risolto, ma il ritrovamento del cadavere del rappresentante della Sedc ha complicato maledettamente le cose.

Il generale Mohammed Dagalo, «uomo forte» del governo di transizione in Sudan di cui è anche vicepresidente, ha deciso di «interessarsi personalmente a caso», anche alla luce della sua «vicinanza» alla ditta Sedc nelle cui casse dovrebbero finire i 400 mila euro promessi da Zennaro a titolo di «risarcimento». Un gruzzolo che - eventualmente integrato da una somma «extra» messa a disposizione dalla Farnesina - potrebbe riportare Zennaro finalmente in Italia.

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