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Mangiatoia Cnel, altra abbuffata

Non è mai troppo tardi per un’ultima abbuffata alla mangiatoia di Stato

Mangiatoia Cnel, altra abbuffata

Non è mai troppo tardi per un’ultima abbuffata alla mangiatoia di Stato e anche il governo Gentiloni, dopo un anno quasi virtuoso, ha finito per cascarci. Proprio in questi giorni, infatti, l’esecutivo è scivolato sulla buccia di banana del Cnel, che tutti vorrebbero abolire, ma molti solo a parole. Significative sono le ultime vicende di quella che un tempo veniva pomposamente chiamata «terza Camera» diventata, invece, il prototipo degli enti inutili: dovrebbe consigliarci a risparmiare ma in realtà, continua a costare otto milioni di euro l’anno per fare ben poco. Le ultime vicende sono significative: per questioni d’opportunità, esponenti di spicco del centrodestra avevano caldeggiato l’intervento del presidente della Repubblica perché il rinnovo dell’organo costituzionale presieduto da Tiziano Treu fosse rinviato alla nuova legislatura. Ma, in questo caso, il governo sembra avere fretta perché già con l’ultima manovra economica erano stati restituiti i rimborsi-spese tolti a quei consiglieri ancora in carica ribattezzati «i giapponesi». L’intervento del Quirinale era, dunque, opportuno: in questo particolare momento, la nuova infornata verrebbe considerata come l’ennesimo esempio di spreco di Stato. Il governo è stato, però, sordo anche alle sollecitazioni di Mattarella e pure lui si è rivelato una voce nel deserto. Se al prossimo Consiglio dei ministri è prevista, infatti, la fumata bianca delle nomine, già l’altro giorno è stato designato Paolo Peluffo - che peraltro stimo moltissimo da quando era stretto collaboratore di Carlo Azeglio Ciampi - segretario generale del Cnel. Peluffo subentra, così, a Franco Massi che, dopo aver combattuto una lunga battaglia contro i mulini a vento delle spese inutili, è ora approdato con lo stesso ruolo alla Corte dei conti: non è un caso che, proprio dopo a sua uscita, la situazione di Villa Lubin si sia ancora più aggrovigliata. E pensare che anche l’attuale maggioranza aveva combattuto una lunga battaglia per la soppressione di questo «carrozzone». Già nel marzo 2014, poco più di un mese dopo il suo insediamento a Palazzo Chigi, Renzi dixit: «L’abolizione del Cnel è l’antipasto della semplificazione che arriverà per la Pubblica amministrazione nelle prossime settimane». Le settimane sono passate invano, così come i mesi e gli anni: il Consiglio è ancora lì. A un certo punto, l’ex sindaco di Firenze, pensando di usarlo come specchietto per le allodole (leggi: vittoria del Sì), decise di piazzare il futuro di Villa Lubin nei quesiti referendari del 4 dicembre 2016. Sappiamo tutti come è andata a finire.

Il «caso Cnel» continua a tormentarci e verrebbe proprio da dire: cornuti e mazziati.

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