Politica estera

La mano tesa di Netanyahu: "Niente fratture"

Il premier difende la riforma sulla giustizia e si dice pronto a una "soluzione"

La mano tesa di Netanyahu: "Niente fratture"

Gerusalemme. Benjamin Netanyahu ha ripreso il palcoscenico, dopo che è passata la legge che lo difende dalla possibilità per cui, se avesse trattato della legge sulla giustizia, avrebbe potuto essere destituito perché la Corte Suprema glielo aveva proibito. È rientrato sulla scena con un breve discorso di richiesta d'ordine: ho promesso di essere il Primo Ministro di tutti i cittadini, e manterrò ha detto. E dopo aver riaffermato la fede di tutto il Paese, a destra e a sinistra, nella democrazia («qui non ci sono né traditori né fascisti») ha da una parte difeso la sostanza della proposta di legge, che andrà avanti, ma ha promesso anche una «soluzione», impegnandosi a «calmare gli animi» e a «ripristinare l'unità», per evitare «una frattura nel Paese». La proposta - ha detto - è identica, quanto a composizione del Giudiziario, agli Usa, alla Nuova Zelanda, al Canada, ovvero con una composizione mista in cui «giudice non elegge giudice» ma il sistema è misto con la politica: qui non ci sono né traditori, dice, né fascisti. Siamo tutti appassionati della nostra democrazia e di Israele. E poi con i toni dei grandi discorsi ha ripetuto più volte che non si toccheranno i diritti di nessuno «ebrei e non ebrei, uomini, donne, lgtbq, di qualsiasi idea ed etnia e che prendeva su questo un impegno personale. Ha invitato anche a riprendere la discussione e ha segnalato diversi punti su cui c'è spazio per incontrarsi.

Se accadrà, è difficile dire. Ci sono folle infuriate che vedono adesso il loro momento e più di questo lo hanno convinto a parlare a tutta Israele le riunioni col ministro della Difesa Johav Gallant, deciso a chiedere un intervallo nella discussione sulla legge, e più ancora coi capi di Stato Maggiore e dei servizi segreti. Un Paese assediato come Israele non può permettersi crepe nell'unità sostanziale di popolo e di esercito mentre si profilano pericoli imminenti e gravi. Ognuna delle due parti si sente padrone della parola «democrazia», da settimane usata come una clava: chi ha perso le elezioni è forte della immensa presa sulla piazza, fiera dell'elitismo della venerabile tradizione ashkenazita del kibbutz; chi ha la maggioranza rivendica la forza parlamentare e quella ideologica popolare sefardita e conservatrice.

La spaccatura è oggi un abisso pauroso e Bibi ha tentato il recupero senza arrendersi: una resa gli procurerebbe una grande spaccatura anche nel suo schieramento. Bibi ha fatto un passo verso l'opposizione perché ha le carte per farlo: anche questa dà segni di stanchezza e di perplessità. Bibi deve difendere tuttavia la sua maggioranza, quando la parte più conservatrice dei ministri Bezalel Smotrich e Ben Gvir viene disegnata dalla sinistra come una specie di nemico pubblico che secondo i dimostranti vuole colpire al cuore i diritti delle donne, dei gay, delle minoranze.

Anche il riemergere dal nulla del progetto di legge dell'importante capo del «Partito della Torah» Moshe Gafni, che proibisce di propalare in Israele la figura di Gesù, ha creato una fama di intolleranza che crea non pochi guai. Il problema maggiore è quello dell'invito all'ambasciatore d'Israele negli Usa a giustificare la legge che permette di tornare a vivere in un insediamento sgomberato. Biden, l'alleato più importante per Israele, ha già detto più volte che il governo deve ripristinare la fiducia popolare. Una critica pesante a Bibi che deve fronteggiare i rischi per la vita dei cittadini prima di tutto. Il mese di Ramadan che inizia è lo spazio ideale per una terza Intifada e forse una guerra: nelle ultime 24 ore si sono avute tre attacchi a fuoco, e così è continuamente, gli Hezbollah tornano a minacciare in nome dell'Iran e Nasrallah ride della debolezza di Israele. Lo sciopero dei piloti degli aerei da combattimento e di altre unità scelto ha certo colpito più di ogni altra cosa. Questo mentre fra le manifestazioni che bloccano il Paese, si sono visti assedi alle case dei leader conservatori. Netanyahu ha giocato ieri sera la carta della sua leadership: senza di lui, il Paese è certo privo di una guida sicura. Molte uscite pazzesche tipo quella di Olmert ex primo ministro che chiede ai capi di stato straniero di cancellare ogni rapporto con Israele, o Lapid che non smette di prevedere l'avvento del fascismo, non sono condivise da gran parte dei manifestanti.

La porta è aperta.

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