
Dopo le dimissioni-lampo del premier francese Lecornu, il video di Emmanuel Macron che lunedì camminava da solo sull'Île de la Cité, nel cuore di Parigi, immortalato da un reporter di Bfmtv, è diventato l'emblema di un presidente in crisi: come le passeggiate di Mitterrand a Campo di Marte nei suoi ultimi giorni all'Eliseo nella consapevolezza della fine, ecco l'ex enfant prodige non più padrone degli orologi ("maître des horloges", come ha spesso definito il suo ruolo) apparire come un leader isolato, che al telefono subisce le manovre dei partiti senza riuscire a dettare loro soluzioni praticabili, in una Francia in balìa degli eventi; senza legge di bilancio e con la spada di Damocle dei declassamenti delle agenzie di rating (il 24 ottobre è atteso il giudizio di Moody's, il 28 novembre di Standard & Poor's).
Ieri il capo dello Stato ha ricevuto all'Eliseo i presidenti di Senato e Assemblée, Gérard Larcher e Yaël Braun-Pivet, mentre sui telegiornali si dava conto dei crescenti appelli alle dimissioni anticipate dello stesso capo dello Stato, contestazioni del suo metodo, personali, e sempre più da personalità che hanno contraddistinto la "Macronie" dal 2017 a ieri. In particolare, a innescare una miccia che sembra destinata a bruciare rapidamente, fino far deflagrare entro stasera ogni piano dell'Eliseo di governi fotocopia di un centro largo che manca di maggioranza parlamentare dal voto dell'estate 2024, su cui Macron ha insistito pure dopo l'ultima operazione bricolage durata meno di 14 ore, ieri è stato Édouard Philippe, presidente del partito Horizons, sostenitore di ogni esecutivo macroniano incluso l'ultimo, e soprattutto volto scelto dal presidente per incarnare le sue politiche nel primo mandato all'Eliseo. "Si farebbe onore proponendo un premier il cui ruolo sarebbe di gestire gli affari correnti e redigere una legge di bilancio - ha detto Philippe in tv - Poi presidenziali anticipate, in altre parole, annunci che se ne andrà", ha dichiarato l'oggi sindaco di Havre candidato all'Eliseo, sommando la sua posizione a un coro già formato dal tribuno dell'estrema gauche Mélenchon, dalla verde Tondelier e da alcuni repubblicani.
Perfino lo storico pupillo del presidente, Gabriel Attal, presidente dei deputati di Renaissance, il partito macroniano, ha sconfessato la decisione dell'Eliseo di affidare a Lecornu, che ha governato per soli 836 minuti, nuove consultazioni. "Come molti francesi, non capisco più le decisioni del capo dello Stato. C'è stato lo scioglimento (dell'Assemblée, ndr). Da allora - ha detto Attal, ultimo premier prima della crisi 2024 - ha fatto scelte che danno l'impressione di una determinazione a mantenere il controllo". I sostenitori di Macron stanno diventando specie in via di estinzione. Tagliano il cordone ombelicale.
E se i deputati della cosiddetta "maggioranza presidenziale", che tale non è più non avendo i numeri per governare, rifiutano di chiedere le dimissioni, a porte chiuse ammettono che sarebbe meglio finirla con l'accanimento terapeutico, due simboli della "macronie" tracciano rotte sempre più distanti da Macron, nuovamente spalle al muro, con i suoi ex pupilli ad avercelo spinto nelle ore più delicate seguite all'ultima crisi.