Quattrocento persone sono state arrestate a Mosca durante la manifestazione a sostegno di Ivan Golunov, il giornalista investigativo che martedì è stato liberato dopo cinque giorni di detenzione a seguito della grave accusa di possesso di stupefacenti, poi rivelatasi falsa e frutto di un complotto ai suoi danni orchestrato dai vertici della polizia. La giustificazione per gli arresti in massa è la consueta: non era stata richiesta l'autorizzazione che la legge russa prescrive per le pubbliche dimostrazioni. Sono così finiti in cella un habituè come Aleksei Navalny - blogger e politico di opposizione che per la sua attività letteralmente entra ed esce di galera e che aveva invitato i russi a non accontentarsi del rilascio di Golunov e a «rilanciare» manifestando per chiedere l'arresto e il processo dei mandanti dei suoi persecutori ma anche numerosi giornalisti, russi e stranieri, che avevano voluto comunque scendere in piazza. La manifestazione, infatti, era stata indetta a scopo di solidarietà quando il reporter del gruppo Meduza si trovava ancora agli arresti, ma è stata confermata per far sentire al Cremlino la voce di un'opinione pubblica che non sembra più disposta a farsi tappare la bocca. All'appello degli organizzatori hanno risposto circa tremila persone, ma la risposta del governo è stata inequivocabile, e si è dispiegata con l'abituale durezza in ossequio a una legge fondamentalmente liberticida.
Golunov, tornato in libertà, ha promesso che continuerà a svolgere il suo lavoro come ha sempre fatto: senza guardare in faccia a nessuno, il che in Russia richiede una bella dose di coraggio se si considera che in vent'anni il numero di giornalisti uccisi o misteriosamente scomparsi si aggira sulle trecento unità. La conclusione positiva del suo caso rimane un caso eccezionale, e gli arresti di ieri lo confermano. Rimane da interpretare il senso dell'accaduto, e non è cosa facile. Assolutamente inedito è il fatto che, prima ancora dell'annuncio della decisione di revocare le accuse contro il giornalista per la loro palese infondatezza, diversi soggetti legati al potere putiniano avessero preso pubblicamente posizione in favore dell'accusato. Questo vale per alcuni giornalisti di testate vicino al governo, come la rete televisiva Ntv, per lo stesso quotidiano «Kommersant» (in parte controllato da Gazprom) che ha partecipato alla protesta con un titolone in prima pagina, ma soprattutto per la presidente del Senato russo Valentina Matviyenko, putiniana di ferro, che aveva definito il caso Golunov «una brutta storia».
Ora, è possibile che Putin abbia scelto di far rilasciare il reporter temendo la diffusione di prove troppo imbarazzanti sulla sua innocenza alla vigilia del suo annuale confronto pubblico con i cittadini, ma nasce il sospetto che questo caso sia stato montato a sua insaputa, in un momento di sua crescente debolezza politica interna. Insomma, che qualcuno magari con le stellette - stia pensando di testare la tenuta dello «zar» nell'eventualità di sostituirlo ai vertici del potere dopo quasi vent'anni.
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