Salvo improbabili cataclismi (per esempio, un nuovo mega attentato che faccia della sicurezza il tema numero uno), il primo turno delle elezioni presidenziali francesi ha reso il ballottaggio in programma tra due settimane una mera formalità. Marine Le Pen, pur avendo guadagnato 5 punti rispetto alle ultime elezioni e conseguito l'obbiettivo, impensabile fino a un anno fa, di scavalcare nei consensi entrambi i candidati dei due partiti tradizionali, ha probabilmente già messo in campo tutte le forze di cui disponeva e raggiunto un tetto assai difficile da superare soprattutto a causa del passato del partito che guida. Ma, anche se non diventerà presidente, queste elezioni l'hanno vista protagonista come non era mai stata prima, e il battagliero e quasi trionfale discorso che ha pronunciato ieri sera ne fa in pratica l'unico, insostituibile campione di alcuni valori «antichi» che gli altri hanno trascurato. La sua campagna contro l'immigrazione, contro l'Islam radicale, a favore di una Francia che vuole distinguersi anche dal resto dell'Europa continuerà ad alimentare il dibattito pubblico, soprattutto se l'economia continuasse a ristagnare e la «provincia profonda» in cui ha la sua base arrivasse alla conclusione che Macron, nonostante la sua proclamata indipendenza, rimane pur sempre un esponente di quell'establishment di cui si vuole liberare. Per adesso, comunque, Marine dovrà rassegnarsi a fare la regina dell'opposizione. Baciato dalla fortuna di uno scandalo che ha tagliato le gambe al repubblicano Fillon e della scelta di un candidato socialista impresentabile, Macron ha infatti la certezza di pescare il 7 maggio milioni di nuovi voti sia a destra sia a sinistra, da aggiungere al suo già cospicuo bottino. Due dei suoi avversari, Fillom e Hamon, hanno già invitato a votare per lui proprio in funzione anti-Marine, e si porteranno dietro molti dei loro elettori. In altre parole, intorno a questo candidato indipendente, che si è autodefinito «uomo di sinistra aperto alle idee della destra» si sta già coagulando quel Front Republicains che già portò all'Eliseo Chirac con l'84% dei voti quando, eliminato il socialista Jospin, si trovò ad affrontare al secondo turno il padre di Marine.
Diverse sono le conclusioni che di possono trarre da questo turno delle presidenziali. Primo, gli elettori, rassicurati anche dalle imponenti misure di sicurezza (per proteggere i seggi, non bastando poliziotti e soldati, sono state arruolate anche guardie private), non si sono lasciati spaventare dalla possibilità di nuovi attentati e si sono recati alle urne, punto più punto meno, nella stessa quantità del 2012. Secondo, pur essendo stando a un recente sondaggio, il popolo più pessimista della terra l'89% ritiene che il Paese stia andando nella direzione sbagliata - la maggioranza dei francesi non è ancora pronta ai radicali cambiamenti proposti da Marine (e, a sinistra, da Melenchon) come l'uscita dall'euro, dall'Ue e dalla Nato. Terzo, nello scontro tra europeismo e antieuropeismo, tra globalizzazione e neonazionalismo, tra tentativo di gestire l'immigrazione e chiusura totale delle frontiere, hanno finito con il prevalere i primi, scongiurando una tempesta che avrebbe scosso l'intera Europa. Quarto, l'idea di avere come presidente un uomo di soli 39 anni, che ha fatto prima il banchiere alla Rotschild e, fino a quando non ha litigato con Hollande, il ministro dell'Economia di un governo socialista e ha un programma che contiene qualcosa per tutti (spinta alle liberalizzazioni e aumento del bilancio della Difesa per la destra, un progetto di tassazione delle multinazionali e il mantenimento delle frontiere aperte di Schengen per la sinistra) sembra avere sedotto soprattutto molti giovani, che in appena un anno sono riusciti a costituire un efficiente movimento politico.
Per ora, la fortuna di Macron continua. Oltre a Fillon e Hamon, si sono schierati subito per lui anche big socialisti come Cazeneuve, Valls, Le Drian, e altri consensi gli arriveranno dal campo repubblicano, che proponeva agli elettori ricette molto più severe di lui sia nel campo delle riforme economiche, della sicurezza e della politica del lavoro, ma che ha con lui indubbie «affinità elettive» e certamente si proporranno di governare con lui, sottraendolo all'influenza di quel che rimane di un partito socialista uscito letteralmente distrutto da queste elezioni. A giugno ci saranno le elezioni legislative, con risultati imprevedibili visto che per la prima volta, lo scontro sarà quadrangolare. Qui Marine, che al momento non è neppure deputata (siede al Parlamento europeo di Strasburgo) e ha solo due rappresentanti a Palazzo Borbone, avrà la sua prossima chance. La complessa legge elettorale francese a due turni non favorisce il Front National, cui riesce molto difficile stringere alleanze al ballottaggio.
Ma ci sono Regioni, come il Nord-Ovest devastato dalla globalizzazione e il Sud nostalgico di una Francia più potente, dove potrebbe vincere un certo numero di collegi anche da solo. E sarebbe una svolta che cambierebbe ulteriormente il panorama politico, rendendo al «pivello» Macron più difficile portare avanti il suo programma.
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