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Martello batte un colpo «Invoco le regole e mi danno del razzista»

Il paradosso del sindaco di Lampedusa, insultato per aver chiesto lo stop ai migranti

Martello batte un colpo «Invoco le regole e mi danno del razzista»

C' è chi quando indichi la luna guarda il tuo dito. E chi quando denunci un problema dice che il problema sei tu.

Quando il politicamente corretto che domina il pensiero unico di una certa sinistra bo-bo (i bourgeois boheme di cui si fanno beffe i francesi) si incontra con la coda di paglia dell'uomo occidentale medio per i presunti torti subiti dagli abitanti di quello che un tempo, quando lo scenario mondiale era questione di aritmetica, si chiamava Terzo Mondo. Quando questo accade, dicevamo, può capitare anche che il sindaco di una terra martire dell'immigrazione sia massacrato mediaticamente per aver fatto il suo mestiere: difendere la sua comunità.

Vi abbiamo resi edotti ieri, su queste colonne, dello sfogo di Salvatore «Totò» Martello, primo cittadino di Lampedusa, una mollica d'Italia spersa nel Mediterraneo, lasciata sola dall'Europa a fronteggiare per anni plotoni di stranieri lì sbarcati fuggendo da guerre, da povertà, da futuri incerti, su barconi allestiti da trafficanti di uomini senza scrupoli. Martello ha raccontato come l'isola sia attualmente messa in scacco da quasi duecento ospiti del locale hot spot, liberi di girare e di spaventare i residenti con piccoli reati. Uno sfogo che gli è valso nel breve volgere di qualche ora accuse da corte marziale del bempensantismo di sinistra: razzismo e terrorismo. Lui, Martella, che è un ex comunista e che ha battuto alle elezioni di giugno la precedente sindaca, la renziana Giusi Nicolini, da sinistra. «Purtroppo - scrive Martello ieri in una lettera aperta - devo constatare che chiedere che anche i migranti rispettino le stesse regole che valgono per i lampedusani e per gli altri cittadini italiani, secondo qualcuno significa essere razzista se non addirittura terrorista. Chi parla così vive in un mondo capovolto: un terrorista è colui il quale sovverte l'ordine pubblico, non chi chiede che venga rispettato». Va detto che l'accusa di «terrorismo» (si presume psicologico) arriva proprio dalla Nicolini, la pasionaria dei migranti che ha reso tutti i lampedusani eroi loro malgrado. E che è stata risarciata da Renzi della sconfitta elettorale con l'ingresso nel pantheon democratico della segreteria nazionale del Pd.

Ma torniamo a Martello. Che fa onore al suo nome e batte forte sul punto, con un buon senso che nulla ha di ideologico. Ma ideologico lo diventa perché, secondo le vestali del «pol-cor», attribuire la nazionalità all'autore di un reato equivale ad attronuire un reato a una nazionalità. E notare che quattro stupri su dieci sono compiuti da stranieri è esercizio di intolleranza e non di statistica. Denunciare è peggio che delinquere. Finisci cornuto e mazziato. In modo correttissimo, sia chiaro. «Sapevo - prosegue il sindaco - che avrei creato un caso ma era l'unico modo per accendere i riflettori su quello che da alcune settimane sta avvenendo nella nostra isola: in troppe occasioni i migranti sbarcano, vengono soccorsi e accolti, e subito dopo vengono lasciati liberi di muoversi come vogliono senza che nessuno intervenga per verificare se soggiornano o meno all'interno del centro».

Sfortunato quel Paese che ha bisogno di eroi, diceva Bertolt Brecht. Ancora più sfortunato se gli eroi si stufano di esserlo. «Lampedusa - riprende il sindaco più a Sud d'Italia - è stata, è, e intende continuare a essere un'isola di accoglienza: è mio dovere però chiedere che l'accoglienza sia organizzata all'interno di un contesto di regole di ordine pubblico e di decoro. È quello che un sindaco deve fare anche a costo di risultare scomodo e di vedere utilizzate e strumentalizzate le proprie affermazioni da parte di chi, in malafede, non ha a cuore né il bene dei migranti né il bene di Lampedusa».

Dateci un Martello.

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