Martina, suicida in Svizzera. "Fate una legge sensata"

La donna è stata accompagnata da Claudio Stellari e Matteo D'Angelo, iscritti a Soccorso Civile, di cui è rappresentante legale Marco Cappato

Martina, suicida in Svizzera. "Fate una legge sensata"
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Martina Oppelli, affetta da sclerosi multipla da oltre 20 anni, è morta ieri mattina in Svizzera, dove ha avuto accesso al suicidio medicalmente assistito. Ma prima di dare avvio alle procedure per il fine vita ha voluto lasciare la sua eredità: un video in cui lancia un appello: "Fate una legge che abbia un senso, una legge che tenga conto di ogni dolore possibile, che ci siano dei limiti, certo, delle verifiche, ma non potete fare attendere due, tre anni prima di prendere una decisione. In questi ultimi due anni il mio corpo si è disgregato, io non ho più forza, ma non ho più forza nemmeno di respirare delle volte, perfino i comandi vocali non mi capiscono più".

La donna è stata accompagnata da Claudio Stellari e Matteo D'Angelo, iscritti a Soccorso Civile, di cui è rappresentante legale Marco Cappato. Insieme a loro, hanno fornito aiuto logistico ed economico altre 31 persone. Lo scorso 4 giugno, Oppelli aveva ricevuto il terzo diniego da parte della azienda sanitaria Asugi in merito alla verifica delle condizioni per accedere al suicidio medicalmente assistito: secondo l'azienda sanitaria non era sottoposta ad alcun trattamento di sostegno vitale, nonostante la completa dipendenza dall'assistenza continuativa dei caregivers e da presidi medici (farmaci, catetere e macchina della tosse). "Perché sono dovuta venire qui all'estero? - dice Martina nel suo video - Perché non ce la facevo più ad aspettare, non ce la facevo più. Per piacere fate una legge che abbia un senso e che non discrimini nessuna situazione plausibile. Scusate il disturbo".

Quando , il 19 giugno, assistita dal team legale coordinato da Filomena Gallo, avvocata e segretaria nazionale della Luca Coscioni, Martina ha presentato un'opposizione al terzo diniego, ha cominciato a non

poterne più, fino alla rassegnazione e alla scelta di andare all'estero. "Era impossibile per lei attendere altro tempo per una risposta: le sofferenze non erano in alcun modo tollerabili" spiegano all'associazione Coscioni.

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