«Stiamo tutti bene». Lo ripetono come in una litania meccanica, rassicurante a ogni costo, durante comunicazioni fatte prevalentemente tramite WhattsApp brevi, laconiche, inneggianti solo e sempre ad Allah, giunte da utenze tedesche, indonesiane, perlopiù sconosciute, che già da sole parlano di mondi lontani e di follie senza ritorno. Peccato stiano così bene da essere spariti all'improvviso senza una parola, non vogliano mai far sapere dove si trovino, raccomandino di non parlare di loro con chicchessia («questioni di sicurezza!») e - chissà che gioia per i parenti rimasti in Italia e non convertiti! - invocano la Shahada, cioè il martirio di Dio, dicendosi «pronti a tutto, per tutto il tempo che ci resta» per seguire la loro «causa» e «vivere veramente l'Islam ed esprimerci liberamente. Questa è la vera libertà, non l'illusione in cui vivevamo prima!».
Alice Brignoli, 38 anni, nativa di Erba (Como) ma residente a Bulciago (Lecco) dal matrimonio con Mohamed Koraichi, 31enne operaio marocchino (entrambi sono disoccupati perché il lavoro non permette di addestrare e indottrinare i tre figli di 6, 4 e 2 anni secondo le convinzioni islamiche, ndr) e convertitasi all'Islam radicale dopo le nozze (dalle quali si fa chiamare Alexia, ndr) parla con la madre Fabienne che la cerca dal 6 marzo dell'anno scorso, quando si è accorta che se n'è andata senza dire nulla con la famigliola al seguito. In realtà Alice è partita da un pezzo: secondo l'inchiesta dei carabinieri del Ros e della Digos di Varese, Lecco e Milano, la famigliola ha lasciato Bulciago per il Califfato il 21 febbraio 2015 a bordo di una scassata Citroën Xsara. E ora lei e il marito sono in Siria, latitanti.
«Qui ho tante sorelle con cui stare, sorelle venute da tutto il mondo, siamo molto unite. Mamma, per mantenere i nostri rapporti ti devi convertire all'Islam» dice alla genitrice. Che oppone resistenza e si sente rispondere: «Allora sappi che io non tornerò più indietro: la mia strada è stata scelta in nome di Allah» spiega fiera Alice alla madre, esaltando i propositi combattenti dello stato islamico e passandole il genero Mohamed che pure esorta la suocera alla conversione. Naturalmente parlando un italiano perfetto come tutti i 4 arrestati che spesso s'intrattengono in lunghe conversazioni telefoniche in arabo ma anche nella nostra lingua.
Gli altri «personaggi» di questa importantissima operazione sono tutti legati tra loro. La cognata di Alice, la 24enne marocchina Wafa - arrestata a casa sua a Baveno, in provincia di Verbania - si sofferma al telefono con l'amica Salma Bencharki, 26 anni, connazionale e moglie del pugile professionista 27enne Abderrahim Moutaharrik (amico fraterno del cognato Mohamed), entrambi fermati nelle loro abitazioni di Lecco insieme ad Abderrahmane Khachia, 22 anni, catturato nel suo appartamento di Brunello (Varese) personaggio chiave di questo gruppo anche perché fratello minore del martire-foreign fighter Oussama, già espulso dall'Italia nel gennaio 2015. Parlando proprio delle modalità con cui il Califfato comunica ai parenti la morte di un loro caro per la causa islamica Wafa dice: «Si congratulano con i famigliari dicendo congratulazioni è morto da martire. Sono andata a un funerale e qui la gente straparla. Che Dio li perdoni, stanno ammazzando le persone» dicono. «Non c'è Dio al di fuori di Allah» risponde Salma comprensiva. E Wafa continua: «Io mi stupisco di parlare qui con tali ignoranti. Mio fratello e sua moglie (Mohamed e Alice, ndr) mi hanno detto: Vieni a vedere, lì vi dicono solo menzogne». E in una telefonata con la sorella Meryem, Wafa spiega entusiasta: «Nostro fratello Mohamed non ti ha mandato le foto dei bambini? Hanno rasato i loro capelli come le cipolle». «I capelli? - replica l'altra sbigottita - E perché?». «Non lo so, Dio li protegga, tutti i ragazzini hanno i capelli rasati, sono bellissimi - osservava esaltata -. Alexia ha postato su WhatsApp una foto insieme a loro con il dito puntato verso il cielo. Mohamed dice che vuole solo la Shahada, solo la Shahada... E raccomanda di cambiare schede e telefonini».
Gli uomini, invece, si sentono già foreign fighters e comunque parlano di sé già come membri effettivi dell'Isis. In particolare il pugile Moutaharrik che dice alla moglie «Io andrò e uccido chi uccido e morirò anche». Mentre, il 6 febbraio scorso, durante una tranquilla passeggiata a Lecco, confida a Khachia, fratello dell'eroe Oussama, «Voglio far esplodere l'ambasciata d'Israele a Roma - butta lì il pugile -,, nel 2009 avevo anche trovato una pistola a Varese» E l'altro risponde: «Gli attacchi al Bartaclan di Parigii? Ma quello che sta per accadere è peggio. Ed è solo l'inizio».
Il pugile vedrà premiato il suo desiderio di azione dallo Sceicco, un soggetto ignoto ma con un ruolo importante che dal Califfato gli invia il «poema bomba», un chiaro incitamento a commettere violenza con finalità terroristiche, magari a
Città del Vaticano: «(...)...fai esplodere la tua cintura nelle folle, esplodi come un vulcano, accendi il fuoco sulla folla affluente, versa la testa sul crociato granata (il papa), non aver mai pietà finché non si spezza».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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