La mattanza al cospetto di Dio

La mattanza al cospetto di Dio

Morire in chiesa. Morire mentre le labbra si muovono al ritmo della preghiera, morire mentre si è inginocchiati davanti al Crocifisso. Veder scorrere il sangue dei propri figli, di bambini innocenti come è accaduto ieri negli Stati Uniti. Davvero, quest'ultima strage sposta ancora la frontiera del terrore e della barbarie che ormai ci circonda. Ci stiamo abituando a scempi scellerati e però la notte globale che sembra essere scesa sul mondo intero, e particolarmente sull'Occidente più avanzato, diventa sempre più scura e oscura.

Ora anche le chiese, che nei secoli cosiddetti bui, erano zona franca e garantivano il diritto d'asilo ai fuorilegge, non garantiscono nemmeno più la vita dei fedeli che le frequentano. E che le considerano, o forse dovremmo dire le consideravano, un luogo di pace e, di più ancora, di pacificazione dell'anima. Non è più cosi. Hanno cominciato gli islamisti prendendo di mira i luoghi di culto dei copti, ai bordi della nostra civiltà, laddove cristianesimo e islam si incrociavano, talvolta si combattevano ma anche convivevano da secoli. Poi l'attacco ha raggiunto la Francia e le radici di quel che siamo: quelli dell'Isis hanno ucciso un prete sull'altare e cosi il ventunesimo secolo ha ritrovato, con il sacrificio di padre Jacques Hamel, i martiri dei primi secoli.

Ora il Texas confeziona quest'altra cartolina cupa come i tempi che attraversiamo: una mattanza nel recinto dello spirito, in quel perimetro sacro in cui s'insegna, nel nome di Gesù Cristo, a perdonare e in cui ci si stringe la mano, e non per modo di dire, perché Dio, il Dio dei cattolici, dei luterani, dei battisti oggi sotto assedio, si è fatto uomo e ha portato nel mondo un'altra misura. Siamo a una profanazione senza precedenti, al tentativo di rovesciare i pilastri eretti 2mila anni fa. E in questa discesa senza freni, si perdono anche le residue motivazioni di questa violenza cieca. Si cerca il lupo solitario, si evoca il suprematista invasato e imbozzolato nelle sue teorie imbevute di razzismo, ma c'è chi chiama in causa lo psicopatico di turno stracarico di armi come un collezionista o, ancora, un miscuglio sporco fra le diverse opzioni al vaglio di investigatori sempre più disorientati. Ormai è difficile distinguere l'originale dalla sua brutta copia, l'orgoglio della militanza dalla volatilità adrenalinica dell'imitazione, in definitiva la follia della ragione dalla pazzia fine a se stessa. Si muore assistendo a un concerto, come è accaduto a Las Vegas, si muore percorrendo una pista ciclabile come a New York, si muore intonando un gospel, come in Texas.

Si cerca un qualche movente, come per esorcizzare un nemico che sembra sbucare dalla notte dei tempi. Certo, le menti deviate ci sono sempre state insieme al furore delle ideologie e la storia è anche un susseguirsi di eccidi.

Ma mai la brutalità aveva fatto irruzione in modo così plateale nel luogo in cui l' uomo coltiva le sue più alte aspirazioni. Nella domenica di festa, chi cercava una scintilla d'eternità ha trovato il male, ottuso e indecifrabile, della nostra povera contemporaneità.

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