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Mattarella ai nuovi magistrati: applicate la legge senza arbitrio

Sul Csm: "Riforma non rinviabile, da varare prima del rinnovo"

Mattarella ai nuovi magistrati: applicate la legge senza arbitrio

Subito, ora, la riforma del Csm. Non c'è più tempo, dice Sergio Mattarella, «non è rinviabile», non si può aspettare ancora perché «le ultime vicende» della magistratura possono travolgere «il prestigio della funzione giudiziaria» e provocare «conseguenze gravi sull'ordine sociale e l'assetto democratico del Paese». Subito dunque, prima del rinnovo del Consiglio superiore, perché «bisogna sradicare accordi e prassi elusive di norme utilizzate per aggirare la legge» e quindi «non si può accettare il rischio di indire elezioni con le vecchie regole e con sistemi da ogni parte ritenuti insostenibili». Basta con le correnti, con «il protagonismo», con le «difese corporative». Apriamo le finestre, a Palazzo de' Marescialli serve aria pulita.

Processo alle toghe. A Scandicci, per i dieci anni della Scuola superiore della magistratura, il capo dello Stato non fa certo giri di parole. Che fine ha fatto «il rigore»? E la «garanzia dell'indipendenza», uno dei cardini «irrinunciabili nel modello della Costituzione», dove l'abbiamo perso? I continui scandali e veleni stanno facendo crollare, oltre ai principi, anche la fiducia della gente.

Tra un paio di mesi, come ha più volte ripetuto, Mattarella lascerà il Quirinale. Ma «fino all'ultimo giorno» del mandato resta il presidente, con tutti i suoi poteri e incarichi, tra i quali quello di essere il capo di un mondo giudiziario allo sbando. Da qui la sua condanna non solo all'organizzazione e alle manovre del Csm, ma anche a certe sentenze. «L'esercizio della giustizia - avverte - è essenziale per la coesione sociale. Un'attività che va svolta quotidianamente con serietà, impegno e dedizione». Oggi forse non è così, si è persa la misura, infatti «occorre un ritrovato rigore». In gioco c'è «la credibilità dell'istituzione», perciò «le decisioni devono essere comprensibili e riconoscibili, improntate ai canoni costituzionali della ragionevolezza e dell'equità, valori che devono guidare il giudizio». L'intervento della magistratura «comporta sempre delle conseguenze, le scelte incidono sulla vita e sulla dignità dei cittadini». Smettiamola di organizzare i processi-spettacolo. Basta con i polveroni, con la diffusione di carte senza rilievo penale. «Le prerogative di indipendenza non legittimano ogni genere di iniziativa e decisione», l'applicazione delle nome «va calibrata per le implicazioni del caso concreto sia sul singolo che sull'intero tessuto sociale».

E siamo all'abc: l'imparzialità, la deontologia, l'equità, le condotte individuali. Insomma, non va bene nulla, tocca riconciare dalle basi. «Si tratta - spiega il capo dello Stato - di ripartire dai fondamentali, dall'essenza delle vostre funzioni. Il senso profondo che deve caratterizzare ogni presa di posizione dei magistrati e quello di un'etica della professione». Non se ne può più di intrighi, di affari e di connessioni indebite con la politica. «Serve onestà intellettuale, equilibrio». Il Csm, «deve garantire le migliori soluzioni per il funzionamento, valorizzando le professionalità senza farsi condizionare dalle appartenenze». Il «coraggio del cambiamento» è «una sfida per tutti», magistrati compresi.

A maggior ragione adesso, con l'arrivo dei miliardi del Pnrr, quando pure il pianeta giustizia «è chiamato a concorrere a sostenere la ripresa del Paese».

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