A notte fonda, con gli exit poll che si accavallano alle prime proiezioni, di certo sembra esserci soprattutto la netta affermazione dei Cinque stelle: certamente primo partito, con un risultato che pare scavallare la soglia del 30%. Una vittoria schiacciante, che consegna di fatto a Luigi Di Maio le chiavi per entrare a Palazzo Chigi. Da questo dato, infatti, dovrà necessariamente partire Sergio Mattarella quando darà il via alle consultazioni.
Certo, nonostante l'ottimo risultato il M5s non dovrebbe comunque avere i numeri in Parlamento per governare da solo. A meno di sorprese nei collegi uninominali - e in effetti soprattutto nelle popolose Campania e Puglia i grillini pare siano andati oltre ogni più rosea aspettativa - per dar vita ad un esecutivo ci si dovrà dunque sedere attorno ad un tavolo e lavorare sulle possibili convergenze. Una partita che fino a ieri al Quirinale aveva immaginato tenendo in considerazione diversi schemi possibili ma che alla luce dei numeri della nottata sembra invece indirizzarsi in una sola direzione. Impossibile, infatti, che un partito che supera il 30% e che si dice pronto a governare non sia messo in condizione di farlo, come pure è improbabile - se saranno confermate le prime proiezioni - che Mattarella non incarichi proprio Di Maio.
Non che ci sia alcuna regola che vincoli il presidente della Repubblica ad affidare l'incarico esplorativo al leader del primo partito o a quello della prima coalizione, tanto che il capo dello Stato è tenuto a valutare quello che gli diranno i partiti durante le consultazioni prima di affidare il mandato. Il punto è che la forza non solo delle cose ma soprattutto dei numeri sembra spingere inesorabilmente in un'unica direzione.
Uno scenario, questo, rafforzato anche dai risultati della coalizione di centrodestra da una parte e del Pd dall'altra. Forza Italia, Lega, FdI e Noi per l'Italia, infatti, sono lontani dalla soglia del 40% a cui avevano puntato. E il fatto che il partito di Matteo Salvini sembri aver superato quello di Silvio Berlusconi non solo cambierà gli equilibri in campo ma probabilmente non favorirà l'unità del centrodestra. Non è escluso, insomma, che i quattro partiti in questione possano presentarsi sul Colle con posizioni non perfettamente coincidenti. Dall'altro lato c'è il crollo fragoroso del Pd che, di fatto, toglie dal tavolo qualsiasi tentativo di larghe intese che escludano i Cinque stelle, uno scenario peraltro che era forse percorribile se il M5s si fosse fermato al 26-28%, ma che oggi non appare plausibile.
Il dato certo, dunque, è che da questa mattina sarà impensabile ragionare su un esecutivo in cui i Cinque stelle non siano centrali. Due gli scenari possibili. Il primo è un governo M5s-Lega, con Salvini che si sgancia dal centrodestra e si affranca dal Cavaliere. È l'ipotesi che piace meno al Colle, perché un esecutivo sostenuto da due forze così decisamente antisistema aprirebbe un nuovo fronte con l'Europa con lo spread che tornerebbe sull'ottovolante. Il secondo scenario è quello di un esecutivo M5s-Pd, ma passa necessariamente per la caduta di Matteo Renzi. Che, se davvero i dem dovessero finire sotto il 20%, potrebbe anche decidere di fare un passo indietro. A quel punto, la via di un'intesa tra Cinque stelle e l'ala sinistra del Pd e LeU diventerebbe percorribile.
Il tutto, dando per scontato che anche Di Maio sia disposto a cedere qualcosa, perché è chiaro che nonostante il risultato schiacciante un esecutivo di coalizione è fatto di compromessi. Altrimenti resta il terzo scenario, quello che dopo lunga impasse - con il governo Gentiloni che resta in carica - ci vederebbe tornare alle urne.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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