Chi si disinteressa alle devastazioni di oggi, dimentica gli orrori del passato. È chiarissimo il messaggio di Sergio Mattarella alla vigilia di un 25 aprile che si annuncia carico, come non mai, di tensioni e significati politici legati alla guerra russa in Ucraina.
Sul 77° anniversario della Liberazione si addensano nubi rosse. Tornano ad affacciarsi sulla scena i gruppetti settari della sinistra estrema e gli equivoci dei «pacifisti», come testimonia il manifesto della marcia Perugia-Assisi che raffigura un minaccioso tiro incrociato di pallottole bianche e nere e un generico: «Fermatevi! La guerra è una follia».
Anche l'Anpi pare arrampicarsi sugli specchi di una specie di equidistanza, ma il presidente della Repubblica spazza via ogni ambiguità costruendo un collegamento esplicito fra la Resistenza italiana e la lotta del popolo ucraino. E pure le componenti cattoliche e laiche del movimento partigiano prendono le distanze dalla sigla comunista, guidata da Gianfranco Pagliarulo.
Mattarella lunedì sarà ad Acerra, città segnata dalla rappresaglia nazista, con una vera e propria strage. «L'eccidio degli ultimi 79 anni fa come a Bucha» titola Il Mattino evocando il sobborgo di Kiev teatro di autentici crimini di guerra. E il presidente, accogliendo al Quirinale le associazioni combattentistiche, legittima questo «link» fra Ucraina e Liberazione. Ricorda «la rivolta in armi contro l'oppressore», la «difesa strenua del nostro popolo», i «crimini incancellabili» «culminati nella Shoah».
«Un'esperienza terribile - avverte - che sembra dimenticata, in queste settimane, da chi manifesta disinteresse per le sorti e la libertà delle persone».
«No al disinteresse» per Kiev dunque. Anzi, il presidente chiama alla solidarietà «che va espressa e praticata nei confronti dell'Ucraina», e «deve essere ferma e coesa», anche se questo comporta «alcuni sacrifici».
Cita la violenza di «queste settimane» sui «civili, anziani donne e bambini», «l'uso di armi che devastano senza discrimine, senza pietà». Lo definisce «l'incendio devastante appiccato». «L'attacco violento della Federazione Russa al popolo ucraino non ha alcuna giustificazione - avvisa - La pretesa di dominare un altro popolo - aggiunge - ci riporta alle pagine più buie dell'imperialismo».
Pagliarulo, sconfessato così platealmente, per qualcuno do Congresso in stile Pcus di Articolo Uno, il partitino del ministro lucano Roberto Speranza. In sostanza Speranza sfiderà se stesso, nelle vesti di candidato unico, forte come minimo del 91% dei voti all'interno del partito, la percentuale registrata dalla sua mozione, l'unica al congresso (nei sondaggi invece Art. 1 fatica a superare il 2%). Quindi la domanda su chi sarà il successore dell'attuale leader ha già una risposta.
Il fatto invece politicamente più interessante è che domani alla kermesse degli ex piddini ci sarà anche Massimo D'Alema, che formalmente non ha più alcun ruolo in Articolo Uno (presente in Parlamento sotto la sigla Leu), avendo ormai altre e più prestigiose occupazioni nella vita, dalla produzione di vini di classe in Umbria alle consulenze in affari milionari. Con la sua proverbiale modestia l'ex premier ha fatto però sapere che ci sarà, perché «caldamente invitato» a parlare dai suoi ex compagni di partito. La presenza di D'Alema, dopo la vicenda della maxi-commessa di armi al governo della Colombia in cui si è presentato come mediatore (provocando un terremoto ai vertici di Leonardo e di Fincantieri, dove ha già fatto saltare la testa del direttore generale Giuseppe Giordo) crea però imbarazzi nel partitino di Speranza. Un sentimento che finora è sempre rimasto occultato dietro frasi di circostanza («D'Alema ha chiarito sui giornali questa vicenda. Mi fido della sua versione» si è limitato a dire Arturo Scotto, coordinatore nazionale di Articolo Uno e tesserato Anpi «da quando avevo i calzoni corti»), ma che traspare qui e là, come nelle parole di Pierluigi Bersani in una recente intervista («D'Alema? Ha ripetuto mille volte che ha smesso di fare politica, ora fa un altro mestiere. Io ho interessi diversi...»).
In Articolo 1 vige l'omertà su D'Alema, figura che ha ancora il suo pubblico a quelle latitudini politiche. Però, racconta Il Domani, sotto giuramento di anonimato qualche dirigente tira fuori il malessere per la storia delle armi in Colombia. Sia perché di mezzo c'è appunto la Colombia, un paese retto da un governo considerato reazionario (diverse le interrogazioni parlamentari, proprio da sinistra, sulla morte del cooperante Mario Paciolla in Colombia). Sia perché di mezzo ci sono le armi, mentre il partito di Speranza, Bersani (e D'Alema) è vrebbe dimettersi. E intanto in vista del 25 aprile il fermento aumenta. A Milano, alla presidente dei partigiani cattolici Mariapia Garavaglia, con la scusa dei «troppi relatori» non verrà concessa la parola. Ma al corteo si annuncia la partecipazione di uno spezzone «atlantista» con bandiere ucraine ed europee, ed è confermata la Brigata ebraica, da sempre bersaglio dell'aggressione di uno sparuto gruppo di oltranzisti di sinistra. Stavolta sarà in piazza anche una frangia di stalinisti nostalgici dell'Urss. E si temono tensioni.
A Roma, invece, il Partito Radicale sarà all'Ambasciata Usa, per dire «grazie agli Alleati» e invocare «libertà per l'Ucraina e il popolo russo». E cento giovani di Forza Italia, guidati da Marco Bestetti, con un pullman andranno al cimitero americano di Nettuno, per «onorare il sacrificio di quei ragazzi che ci ha dato la libertà». E qualcuno giura che le bandiere della Nato, «vietate» dall'Anpi, in rete siano andate a ruba.
pacifista e contro «il riarmo internazionale», l'invio delle armi all'Ucraina è stato approvato controvoglia giusto per non fare uno sgarbo alla maggioranza di governo di cui Articolo Uno fa parte, il tesoriere-deputato Nico Stumpo ha votato contro l'aumento delle spese militari, e Speranza nella sua mozione unica scrive che la soluzione per uscire dal conflitto non è aiutare la resistenza ucraina ma la diplomazia. Non a caso il coordinatore Scotto ha partecipato alla manifestazione pacifista a Roma (contro Putin ma anche contro le armi agli ucraini), e a Pasqua sui social ha postato questa frase: «Disarmare la mano che uccide il fratello».
Scatenando subito i commenti di chi gli ha rinfacciato di aver votato per l'aiuto militare a Kiev insieme al Pd, a differenza di Sinistra Italiana. Per questo l'arrivo di D'Alema, fresco di polemica sulle armi in Colombia, provoca sussulti nel partito di Speranza, ma tutti rigorosamente a bocce cucite.
Per l'ex segretario Ds, comunque, è tutta una manipolazione a suoi danni, «non vedo il nesso con il congresso di Art.1: interverrò, come ho sempre fatto. Ho ricevuto un caldo invito a parlare» dice. Nessun imbarazzo, diciamo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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