Milano - Evidentemente è una ferita aperta che gronda sangue. Perché Matteo Renzi, da quando ha iniziato il suo book tour il 12 luglio, non ha più smesso di parlare di suo babbo coinvolto nell'inchiesta Consip. Lo ha fatto anche ieri sera a Milano, al teatro Parenti (il sindaco Giuseppe Sala non ce l'ha fatta a venire, ma in compenso c'era don Mazzi), ripetendo alcune massime in nome del padre: «Se mio padre è colpevole è giusto che paghi come tutti gli altri, come chi ha dato notizie false. Sembra che qualcuno abbia fabbricato prove false contro di me, questa sarebbe una cosa enorme. Su questo mantengo una linea dura e qualcuno deve pagare».
Sì certo, ha toccato anche tutti i soliti altri temi a lui cari: ius soli, legge elettorale, Jobs Act, 80 euro, minoranza dem, Banca Etruria, Pil, edilizia scolastica, disoccupazione, ma siccome la lingua va dove il dente duole, è Consip la questione che gli toglie il sonno. Dopo D'Alema, si capisce.
Della trama del suo bel romanzo Avanti. Perchè l'Italia non si ferma, pochi passaggi (come quando a Palazzo Chigi ha chiesto dello scotch per fare gli scatoloni, «e hanno pensato mi volessi ubriacare»), ma sul babbo un lungo sfogo davanti al direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana: «Se qualcuno mente o falsifica le prove non c'è intercettazione che tenga. Per me è qualcosa di eversivo. Poi c'e ancora da capire perché ci stavano intercettando per un reato che non la prevede. Umanamente la mia difficoltà da figlio l'ho vissuta perché, non ho creduto a mio padre e mia figlia (l'unica renziana in famiglia) non voleva più dire le preghiere della sera per chi ce l'aveva contro il nonno. Lui mi ha detto anche che è pronto a fare una pazzia e questo lo dico proprio oggi che è in ospedale per un piccolo intervento al cuore».
Del resto dopo aver a lungo dubitato della sua buonafede beccandosi anche i rimproveri di mamma Laura («Matteo, la devi smettere! Basta urlare! Lo sai che babbo soffre di cuore, così lo fai morire!»), Renzi oggi parla solo in nome del padre. Lunedì al forum del Mattino a Napoli lo ha ribadito: «Andremo fino in fondo: non indietreggio di un millimetro, voglio la verità». Da Mentana il 12 luglio: «Se le accuse su mio padre saranno provate sarà giusta la condanna. Ma se saranno archiviate? Ci sarà lo stesso clamore mediatico?».
E a proposito di rapporti tra padre e figlio, il direttore Fontana gli chiede se si sente il figlio politico che Silvio Berlusconi non ha mai trovato: «Non è una persona da odiare, perché devo ammettere, è capace di tutto. Durante le comunali di Roma disse cose pesantissime su di me, parlando di deriva autoritaria. Lo chiamai per il suo intervento al cuore e lui mi disse: Poi mi dispiace che tutti parlino male di te!. È eccezionale, io non ho mai votato per lui e lui mai per me, ma non capisco perché con le opposizioni non possano esserci rapporti civili. Ora però decida se fare il popolare europeo o il populista europeo». E sul palco gli copia anche il programma come sul tagliare le tasse che «non sono un concetto di destra ma una cosa giusta e sacrosanta» provando anche ad imitarlo: «L'unica invidia che provo è per la capacità di Berlusconi di impossessarsi di alcuni temi, come il milione di posti di lavoro o la tassa sulla prima casa, che poi abbiamo tolto noi».
Dopo aver lasciato il teatro Parenti, Renzi si è diretto per una cenetta alla Festa dell'Unità Metropolitana, con il ministro dello Sport, Luca Lotti. Così giusto per parlare un po' di Consip. Nel nome del padre ovviamente.
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