Una Maturità mascherata tra gel e baci "distanziati"

Il ministro ha parlato di "giorno storico" per la scuola. Ma una prova dimezzata dall'esito scontato ha senso?

Una Maturità mascherata tra gel e baci "distanziati"

Va bene un briciolo di retorica. Ok un pizzico di demagogia. Ma non esageriamo. Altrimenti si rischia il ridico. Un limite superato ieri dal ministro dell'Istruzione, Lucia Azzolina, che inaugurando la Maturità post-Covid ha parlato di «studenti entrati nella storia»: il che, per dei maturandi promossi a prescindere e pure liberati dal peso delle prove scritte, appare forse un tantino esagerato.

Nel caso i ragazzi avessero affrontato il tema di italiano, la versione di greco o il problema di matematica, la ministra pentastellata come li avrebbe definiti, «martiri della patria»?

Nessuno nega che il mondo della scuola - causa coronavirus - si sia trovato dinanzi a un'emergenza di ardua gestione, ma proprio per questo Azzolina avrebbe fatto meglio a tenere un profilo più basso, magari centellinando l'uso della parola «orgoglio». Di cosa la ministra sia particolarmente «orgogliosa», non si è ben capito: delle aule rimaste deserte per mesi? Della didattica a distanza zoppicante? Della sua mitragliata di disposizioni contraddittorie e confuse?

Fatto sta che negli ultimi mesi Azzolina non ha mancato di usare tutti i colori della tavolozza concessole dalla politica degli annunci. Risultato: non bastasse l'allarme-contagio, la scuola si è ulteriormente incartata in un vortice di burocrazia e sindacalismo, col solo l'obiettivo di non mettere in discussione vecchi andazzi. Del resto - tradizionalmente - ogni volta che si parla di «riforme» e/o «novità» (magari rispolverando il «principio meritocratico») il vero «impegno corporativo» diventa la tutela dello status quo. A discapito degli studenti e dei professori che lavoro con competenza e passione.

Ma questo è un vecchio problema, che non può essere certo affrontato - figuriamoci risolto - dalla ministra Azzolina. Il cui nome comunque passerà alla cronaca per aver battezzato la prima Maturità no-kiss, «senza baci». Vietato lo scambio di effusioni. Al contrario tanto scambio di gel disinfettante e volti mascherati in uno scenario surreale: «percorsi differenziati per ingresso e uscita», colloqui maturandi-commissari a distanza di legge (due metri) e, per i più pignoli, addirittura con divisori asettici.

L'impresa più difficile - considerate le barriere e il distanziamento - è stata, per gli studenti, sentire le domande dei professori e, per questi ultimi, afferrare le risposte degli studenti. In molti si sono arrangiati leggendo il labiale.

Dopo ogni sessione d'esame, finestre spalancate, banchi (e bagni, si spera) «igienizzati». Il «maxi-orale omnicomprensivo» proseguirà oggi, partendo sempre dalla discussione dell'«elaborato concordato». Inutile portarsi dietro il vocabolario. È invece fondamentale la mascherina. Che va tolta solo al momento della «discussione».

Il commissario straordinario per l'Emergenza, Domenico Arcuri, giura di aver fatto arrivare nelle 3.268 scuole che ospitano gli esami di maturità ben 5,3 milioni di mascherine «sufficienti a coprire il fabbisogno di tutte le sessioni delle prove». Pero, si sa: fidarsi (di Arcuri) è bene, ma non fidarsi è meglio.

Per il calcolo del voto finale il credito del triennio potrà valere fino a 60 punti (anziché 40, come nell'era pre-Covid) Al colloquio orale si possono conseguire fino a 40 punti. Il voto massimo finale possibile resta 100/100 e si potrà ottenere la lode. Bandito, invece, il bacio accademico. E pure la stretta di mano.

Il presidente della commissione potrà solo urlare a distanza: «Complimenti!».

Son sempre soddisfazioni.

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